Il brano evangelico di questa domenica narra il secondo segno di guarigione compiuto da Gesù al di fuori della terra d’Israele, in territorio pagano. Il primo segno è quello del miracolo prima negato e poi concesso alla donna siro-fenicia. Qui Gesù è in terra pagana. Dunque la via messianica si prepara ad essere percorsa da tutti i popoli.
Tale allargamento avviene non per un calcolo astratto, ma perché Gesù riconosce e accoglie il gemito, che si fa parola e gesto audace, di donne e uomini che pongono davanti a lui il loro bisogno. Un gemito che susciterà anche il suo. In questo secondo miracolo Gesù non cerca di sottrarsi. Solo fa in modo che tutto avvenga in una certa intimità e poi alla fine chiede che il fatto non sia divulgato (il segreto messianico). Ancora più che in terra d’Israele, qui Gesù teme di essere frainteso, che i suoi gesti siano compresi non nel loro significato di annuncio del regno messianico operante, ma piuttosto come quelli di un taumaturgo.
Significativo è anche il genere di malattia che qui è guarita da Gesù. Si tratta, letteralmente, di un uomo “sordo (kophós)” e che “parlava con difficoltà (moghilálos)” (v. 32). Da un punto di vista medico la situazione descritta è chiara: un sordo che, non potendo udire, non ha avuto la possibilità di imparare a parlare correttamente. Ma è possibile cogliere un altro significato: Gesù qui apre l’orecchio all’ascolto, rendendo dunque a quell’uomo l’organo primo per iniziare il cammino della fede.
L’apertura dei sensi, che Marco proseguirà poco oltre con la guarigione di un cieco indica l’introduzione alla relazione e dunque la capacità di intraprendere un cammino di sequela del Signore, come la chiesa antica ha ben compreso ed espresso liturgicamente, riprendendo nella liturgia battesimale non solo il gesto ma anche il suono delle parole di Gesù, quell’imperativo aramaico di cui ha voluto conservare anche la sonorità: “Effatà”, cioè “Apriti” (v. 34). Qui come nel battesimo un nuovo cammino si apre, appunto, una nuova possibilità di relazione, fatta di ascolto e dunque di parola, di ascolto della Parola e di capacità annuncio della stessa.
Si tratta di una nuova creazione. Non solo aprire le orecchie, ma aprire gli ascolti.