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La santità di Gerardo dei Tintori

Approfondimento

Lo storico Bonincontro non ha dubbi di nessun genere sulla santità di Gerardo, la veridicità e la quantità dei suoi miracoli. Un dubbio però nasce proprio all’interno della Gerarchia della Chiesa, dal Cardinale Carlo Borromeo Arcivescovo di Milano. In occasione della sua prima visita pastorale a Monza, nel 1566, egli si recò anche presso la chiesa di sant’Ambrogio ad nemus, si informò del culto tributato a san Gerardo e, in ottemperanza ai decreti del Concilio di Trento, ne intimò la sospensione.

Il culto infatti era iniziato spontaneamente, dopo il decesso di Gerardo, con il tacito consenso arciprete, Autorità religiosa locale, ma senza l’approvazione del Papa. Questa era una consuetudine in vigore fin dai tempi antecedenti a Gerardo, ma che ora il Concilio di Trento proibiva fermamente. Grande fu lo sconforto dei Monzesi, come si può immaginare, mitigato solamente in parte, dall’esortazione del Cardinale a raccogliere i documenti e le testimonianze che potessero accreditare le virtù eroiche praticate in vita da Gerardo ed i miracoli compiuti prima e dopo la sua santa morte, così da poterli presentare ai competenti Uffici della Curia romana.

Occorsero ben dodici anni affinché, nel 1578, l’Arciprete di Monza monsignor Camillo Aularo presentasse all’Arcivescovo, in occasione della sua seconda visita pastorale, la documentazione relativa al culto tributato da tempo immemorabile a san Gerardo insieme con quella relativa ai miracoli da Lui compiuti.

Trascorsero altri tre anni finché nel 1581, durante la visita pastorale presso la parrocchia di Seveso, l’arcivescovo apprese che quella popolazione, durante la peste del 1524, aveva fatto voto di recarsi ogni anno in pellegrinaggio alla tomba di san Gerardo e che tale voto aveva preservato interamente il paese dal morbo. Ne fu profondamente colpito tant’è vero che nell’anno successivo, il 1582, quando decise di erigere in parrocchia la chiesa di sant’Ambrogio ad nemus, la intitolò, di sua iniziativa, a san Gerardo.

Il Borromeo ordinò di completare quanto prima possibile l’inchiesta di beatificazione, affidandola ad uno dei suoi più stretti e fidati collaboratori, il barnabita Carlo Bascapè, futuro vescovo di Novara.

Gli atti del processo di beatificazione vennero pubblicati a Milano nel 1603 col titolo: “Sancti Gerardi Modoetiensis Acta” e costituiscono il documento ecclesiastico ufficiale e principale che contiene la storia della vita del Santo e dei suoi miracoli. Vi sono sia quelli tratti dal manoscritto di Bonincontro che quelli desunti dalle testimonianze di laici e religiosi raccolte, nel corso del processo. Questi giurarono, di fronte al notaio Giovanni da Casate ed al Bascapè stesso, di aver assistito a miracoli imputabili al Santo nel corso del XVI° secolo o di averli sentiti riferire da persone degnissime di fede che, in un modo o nell’altro, vi erano stati coinvolti personalmente.

Negli Acta sono riportati sei miracoli compiuti dal Santo mentre era in vita, otto avvenuti e testimoniati dalla morte a tutto il XIV° secolo ed infine altri sei avvenuti e registrati nel corso del XVI° secolo. Venti miracoli in tutto. Devo dire subito, assumendomene tutta l’impopolarità del caso, che il miracolo delle ciliegie, uno dei più simpatici e popolari attribuito al Santo e che, nel corso del tempo, è diventato il suo attributo iconografico principale, non è tra i 20 che ne hanno decretato la santità.

Esso fu infatti inserito in una raccolta critica di fonti documentarie sui Santi pubblicata dai Padri Bollandisti, i famosi eruditi gesuiti di Anversa, nel 1695. Nei loro Acta Sanctorum, è menzionato il miracolo delle ciliegie fatte trovare in un cesto, a dicembre ormai inoltrato, come ricompensa per i custodi del Duomo che gli avevano permesso di rimanere a pregare anche dopo l’orario di chiusura della Basilica. Pare che sia stato l’arciprete monzese di allora, monsignor Bosca, a riferire, oltre ad altri miracoli già noti, anche quest’ ultimo.

Papa Gregorio XIII diede il suo positivo assenso anche se non si è mai trovata traccia del rescritto papale che concedeva che ogni anno, il 6 di giugno, si potesse celebrare, in tutta la città di Monza, la festa di san Gerardo con la messa e l’Ufficio dei Confessori non pontefici. Alcuni ritengono che questo introvabile documento papale sia rimasto fra le carte di san Carlo, altri invece che l’approvazione del pontefice sia stata data “vivae vocis oraculo”, ossia oralmente, per cui ad oggi non si possiede un documento ed una data precisa.

Comunque il 6 giugno 1583 si celebrò solennemente, alla presenza del Cardinale Borromeo, la ripresa definitiva della festa e del culto di san Gerardo, da allora mai più interrotti.

Ad oggi, passati 799 anni, quanti miracoli ha fatto san Gerardo, oltre a quelli certificati durante il processo informativo di canonizzazione?

Un piccolo sondaggio personale, condotto senza criteri scientifici, fra alcuni parrocchiani incontrati casualmente, ha avuto il seguente riscontro: tutti quelli che gli chiedi con fede.

Tra i miei ricordi più vividi ho quello della mia nonna materna, Santina Fedeli che quando capitava che passassimo, con me bambino, davanti all’altare di san Gerardo, nel riportarmi a casa tenendomi per mano, mi diceva: «se da grande avrai dei problemi o ti capiteranno delle brutte cose, vieni a dirlo a san Gerardo e vedrai che ti aiuterà». Ricordo che la prima volta, vedendo la teca ed il corpo del santo, le ho ribattuto: «ma nonna come fa ad aiutarmi se è morto??» e lei di rimando con dolcezza: «caro Luca, i Santi non muoiono mai».

                                                                               Luca Bertazzini

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