Di nuovo nella prima lettura di questo secondo giovedì di Pasqua ritorna il tema della disobbedienza all’autorità costituita. A buon conto, i cristiani non nascono come ribelli ed esaltati. Al contrario erano soprannominati “figli della luce”, gli “illuminati”… niente di torbido, carbonaro, subdolo. La Lettera a Diogneto lo attesta. Cittadini esemplari. Tutto alla luce del sole. Però non è possibile ridurre al silenzio una testimonianza. La Risurrezione di Cristo è un fatto che implica delle conseguenze irrinunciabili. Se io ho sentito e visto in retta coscienza e dicessi il contrario sarei un menzognero, vile ed opportunista.
Probabilmente anche gli evangelisti hanno potuto in parte attingere e raccogliere il detto di testimoni oculari. E questo già mi basta. Per me è sufficientemente credibile. Ma c’è di più. L’espressione udita oggi ci spinge ancora più avanti – oltre, oserei dire – quando Pietro prosegue nella sua difesa affermando con forza e consapevolezza: “Di questo siamo testimoni noi e lo Spirito Santo”.
Questa parola mi ha sempre tramortito. Gli apostoli parlano dello Spirito come presenza reale, non come quella strana ed aleatoria evanescenza che abbiamo in mente noi contemporanei circa la terza persona – persona, ribadisco – della Santissima Trinità. Io lo chiamo spesso nella mia predicazione l’“illustre sconosciuto”. Noi lo abbiamo ricevuto al Battesimo. È stato confermato presente nella nostra vita alla Cresima. È ogni giorno nostro compagno, Signore che dà la vita e non lo conosciamo. Non ci parliamo mai. Lo trattiamo come se non fosse una persona. E invece è lì.
Immagine: antica raffigurazione dello Spirito Santo