A Corinto Paolo rimane per diciotto mesi. C’è un crescendo di attività con l’arrivo dei due compagni. Con la conversione del capo della sinagoga poi si dà inizio al “popolo numeroso” di cui aveva parlato il Signore nella sua visione. “Paolo continua a parlare e a non tacere”. Culmine del capitolo 18 di Atti è l’episodio di Gallione, governatore romano. Con lui c’è il primo riconoscimento ufficiale del cristianesimo: la nuova religione non è un crimine (adìkema) né un’azione malvagia (radioùrgema).
A dire il vero è un brano che non mi piace. I giudei si accaniscono contro i cristiani. E la folla parteggiando per Paolo arriva a mettere le mani addosso a Sostene, capo della sinagoga. Come esponenti di una religione, non si fa bella figura!
Al primo impatto mi è insopportabile questo personaggio che ha atteggiamenti pilateschi. Tipico dei romani non volere fastidi. In realtà non è così. La sua decisione rientra nel piano di Dio. Chi è dunque questo proconsole che l’imperatore aveva mandato in Acaia. Era il fratello maggiore del più noto filosofo Seneca. Nato in Spagna, fu avviato alla carriera politica dal padre adottivo. Uomo di notevole spessore come lo descrive Seneca che in alcuni suoi testi elogia le sue qualità, di persona raffinata, amabile e amato da tutti. Divenne senatore e sotto l’imperatore Claudio fu inviato come proconsole in Acaia. L’essere citato per nome per ben tre volte da Luca attira l’attenzione. Siamo di fronte ad un tipico caso di storicità grande dei testi neotestamentari. La presenza di Gallione a Corinto è infatti provata dalla Iscrizione di Delfi, una tavola ridotta in frammenti rinvenuta appunto a Delfi alla fine del XIX secolo. Essa permette di datare il proconsolato di Gallione all’anno 51 – 52, e quindi a fornire un riferimento cronologico precisissimo per la datazione dei viaggi paolini. Costituisce pertanto l’ennesima prova dell’attendibilità storica del racconto degli Atti degli Apostoli alla faccia di chi ancora la nega!
Allora questo Gallione era descritto anche come una persona molto fine, molto delicata e gentile con tutti, di fatti anche dal testo risulta come un uomo giusto e pragmatico. Non fa la figura brutta di Pilato. Lui ascolta, chiede delle prove. Non ci sono e quindi scagiona. Tratta entrambe le religioni allo stesso modo. È molto bello questo rispetto delle diversità. Se hai fatto qualcosa di male, allora è giusto punirti, di qualunque religione tu sia, se hai fatto niente, perché devo far qualcosa contro di te?
Alla fine, Gallione potrebbe essere preso come la versione laica di Gamaliele, figura già vista, che fa ragionare il sinedrio. Da questo episodio a tratti ambiguo emerge infine chiaro un appello ad essere cauti nel giudicare e condannare gli altri. Il Cristianesimo in questo lungo il corso dei secoli, parecchie volte ha preso delle cantonate. Non dimentichiamo perché possiamo diventare religione di potere anche se annunciamo il Cristo crocifisso. E questo è molto grave. Ancora adesso.
Immagine: Iscrizione di Delfi dove compare il nome di Gallione