Non penso che Gerardo abbia lasciato scritto qualcosa. Nel XIII secolo solo i chierici e i nobili potevano permettersi di studiare. Lui era figlio di un tintore. Di quella razza che poi fu chiamata borghese. Pieni di soldi. ma poco considerati da chi gestiva il vero potere. Ma il Santo di Monza era di un’altra pasta. Ed io me lo immagino fin da ragazzo: pronto a rispondere al quella vocazione che non ti porta a diventare canonico, né conte. È la vocazione alla carità.
Rimane orfano presto. Non si sa quando. Non si conosce nemmeno l’anno esatto della sua nascita. Forse ha avuto dei tutori per gestire tutto il suo patrimonio. Ma, e questo si sa con certezza, non appena ha potuto seguire la voce della sua coscienza, ha abbandonato tutto per seguire il suo sogno. Attenzione. Abbandonato tutto per seguire Cristo, però. Dunque, non da ingenuo.
Il documento che ancora oggi è conservato gelosamente nella Biblioteca capitolare del Duomo rivela il suo genio. Cedere tutto alla causa comune alla presenza del Podestà, davanti ai notabili della città. Il signor Canonico ne sia il garante. Ma il direttore della mia opera sarò io finché il Signore mi dà vita e poi il successore che sarà preparato da me. Altro che ingenuo! Modernissimo, questo è il miracolo più realistico di san Gerardo. In fortissimo anticipo su chiunque altro, pensa ad una struttura ospedaliera moderna e che regga nel tempo.
Era il 1174. Non so se mi spiego. Prima di san Francesco. Prima della nascita della lingua italiana. Bisogna aspettare il secolo successivo per avere una prima biografia, forse già segnata da più di un motivo agiografico visto che persino l’autore si dichiara miracolato. Fa niente. Ma queste parole che Bonincontro Morigia registra come pronunciate dal Santo dicono tutto il suo amore per il Signore e per il prossimo:
«Fratello, non essere di poca fede. Dice il Vangelo: chi per amor di Dio darà uno, il centuplo riceverà. Cristo non abbandona coloro che fanno il bene e sperano in lui. Va dunque e distribuisci tutto ciò che puoi ai poveri di Cristo».
Io sono il custode delle sue spoglie mortali e ne vado fiero. In tempo di pandemia tutte le sante mattine aprendo la chiesa e omaggiando il Santo Deposito offrivo – ed offro ancora – al Signore la mia preghiera perché Gerardo proteggesse tutta Monza dal contagio. Non so se mi ha ascoltato. Comunque, era bello averlo al fianco. Mi dava sicurezza. Non mi mancava la terra sotto i piedi.
Mi sovveniva a tal proposito un episodio, ancora riferito dal suo biografo, che ci educa ad avere molta fede e a crederci fino in fondo, anche nei prossimi futuri mesi così incerti che ci impediscono oggi di festeggiarlo come si conviene.
Capitò una volta…si era nel 1324, durante una guerra (il Tintore era morto giù da 114 anni)… che alcuni soldatacci salirono sul tetto di legno della chiesa di San Gerardo (ex-Sanctus Ambrosius ad Nemus) e iniziarono a smantellarlo, per farne legna da ardere. Di fronte alle proteste dei monzesi, uno dei soldati bestemmiò e offese il Santo. Risultato? Immediatamente all’improvviso e tutti insieme caddero dal tetto e il bestemmiatore morì sul colpo.
Non so se i monzesi di oggi difenderebbero così coraggiosamente la memoria del loro patrono. Ma il messaggio è chiaro. Attacchiamoci alle certezze che arrivano dalla nostra storia, altrimenti presto ci mancherà la terra sotto ai piedi e sprofonderemo nel vuoto dei valori e degli ideali.