Non è solo questione di ingratitudine. Qui in gioco c’è di più. In ballo c’è la regola d’oro del cristiano nella sua relazione con Dio e con il prossimo. Se uno non si rende conto della bellezza di tutto ciò, allora sì… è come un suino a cui offri dei gioielli. Non li apprezzerà di certo. E questa espressione piuttosto aspra di Gesù prosegue in crescendo: «Perché non le calpestino [le cose sante e le perle] con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi».
Gesù si ispira probabilmente a qualche detto ebraico conosciuto al suo tempo. Noi sappiamo dal Levitico che ci sono due animali impuri per antonomasia: il cane e il porco. Anzi, “cane” era divenuto la metafora con cui si bollavano i sacerdoti dei culti cananei della fertilità, “prostituti sacri” perché avevano commercio sessuale coi fedeli, idealmente per trasmettere loro la fecondità del dio Baal.
Per di più la locuzione “cose sante” alluderebbe alle carni delle vittime immolate nel tempio che venivano destinate, oltre che ai sacerdoti, parzialmente anche ai fedeli nel cosiddetto “sacrificio di comunione” (Levitico 7,14-15). A questo punto possiamo capire meglio le parole di Gesù. Egli non si preoccupa tanto dell’osservanza di qualche norma di “purità” rituale, anche perché lui stesso è stato rimproverato più volte per il suo stile scandaloso: si pensi al riposo sabbatico da lui violato con le guarigioni miracolose o l’accesso a tavola senza il rito di purificazione di mani e stoviglie o la condivisione del cibo con figure di dubbia fama e di cattiva compagnia.
Allora qual è il messaggio del brano del Vangelo di oggi? Che la verità può cadere in mano a persone che ne abusano, la deformano e la rigettano. Superficialmente possiamo credere che Gesù pensasse ai farisei e agli ipocriti del suo tempo. Ma potrebbe benissimo riferirsi anche al rischio del rifiuto da parte dei pagani e dei samaritani. Insomma “cani e i porci” ci ricordano sia la preziosità del vangelo sia il discernimento sui destinatari. Il dono va apprezzato e non sciupato.
Immagine: Pieter Brueghel II (1564 – 1637/38): Gettare le perle ai porci, olio su tavola