Oggi la liturgia ci ripropone parte del vangelo ascoltato domenica scorsa: le parabole del Regno. Il tesoro, la perla, la rete. E la chiusa di questa pericope è sempre molto enigmatica nel suo alludere a questo scriba molto misterioso. Che sia un’allusione a sé stesso? Matteo ci offre un suo autoritratto? Sta mettendo la sua firma come facevano gli antichi pittori sulle loro opere? Non saprei. Ma la tradizione ci parla proprio di Levi come un ex-pubblicano pentito e convertito che ha messo la sua esperienza a servizio della verità.
E dovendo scrivere per i cristiani provenienti dal mondo giudaico, ha saputo conservare tutto quello che c’era di buono dal tesoro del primo testamento. Continuità e discontinuità. Fedeltà alla legge di Mosè ma totale apertura al nuovo di Gesù risorto!
Come questa bella immagine tratta dal mondo lacustre. Matteo registra una scena che ci parla della vita quotidiana a cui Gesù assisteva. Dopo aver pescato tutta la notte, ecco che le barche rientrano.
I pescatori scendono e tirano le reti sulla spiaggia. È la descrizione delle nostre comunità che, come le reti del pescatore, pescano ogni genere di pesci. È vero: la gente viene in chiesa per ragioni molto diverse, non sempre esemplari. Ci sono e ci sono sempre stati coloro che vorrebbero fare una selezione, una specie di test d’ingresso che permetta ai discepoli maggiore consapevolezza. Nella sua saggezza, invece, lungo i secoli, la Chiesa ha voluto abitare in mezzo alla gente e fare della parrocchia il volto povero e popolare del Vangelo. Smettiamola di sognare una Chiesa composta da primi della classe perché non è ciò che vuole il Signore Gesù. Noi che abbiamo ricevuto tanto, piuttosto, collaboriamo serenamente all’annuncio.