Fede di donna straniera

La donna cananea – Annibale Carracci

Abbiamo già incontrato questo vangelo lo scorso 5 agosto. Oggi la lectio continua liturgica ce lo ripropone. Là, abbiamo sottolineato la caparbietà di questa madre coraggio che non molla Gesù fino a convincerlo di darle retta. Oggi mi soffermerei sull’espressione che la cananea usa: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide».

Mi impressiona che una straniera faccia di tutto per comparire alla presenza di Gesù e ci riesca; gli stereotipi culturali erano tanti. Ricordiamoci lo stupore dei discepoli quella volta che ritrovarono Gesù al pozzo a parlare con una samaritana!! E poi, quando se lo trova davanti attinge al testo biblico per parlare con Lui. Lo fa e gli rivolge una preghiera oserei dire perfetta.

Lei non si rivolge ad un taumaturgo, ad un profeta, ad un giusto di Israele. Da come parla si intuisce che il Nazareno è per lei il Signore! Questo ci consente di intuire cosa voglia dire che dietro i vangeli ci sono reali comunità. Matteo interpreta il vissuto e l’esperienza della sua comunità alla luce della Pasqua.

Anche i primi cristiani dunque si ponevano il problema del diverso, dello straniero che la tradizione biblica presenta, insieme alla vedova e all’orfano come i primi destinatari della accoglienza ospitale.

Dunque, la donna delle terre di Canaan si rivolge al Signore, al Figlio di Davide riconoscendo in lui non solo un uomo buono, famoso, amato…ma la divinità stessa. A Lui chiede pietà per sua figlia gravemente tormentata da un demonio. È come se la donna conoscesse sia la profezia di Isaia che il Salmo, che rivelano la figliolanza divina di Gesù. E bagna il naso a tanti che avrebbero potuto credere e non lo hanno fatto. Proprio come sta capitando a molti di noi… battezzati, cresimati e magari sposati in chiesa…che non riconosciamo più come nostro Signore e Salvatore, Cristo Gesù.

Immagine: La donna cananea – Annibale Carracci