Non mi intendo di neuroanatomia. Ma sarebbe bello confrontarsi con la scienza. Gesù ha a che fare con un uomo che sembra buono, autentico, fresco come dovrebbero esserlo tutti i giovani. Eppure, è triste. È una caratteristica che dall’evangelista viene definita alla fine del suo colloquio con Gesù. “Se ne andò via triste perché aveva molti beni” – sta scritto.
Nella mia lettura del vangelo, perché quando lo medito mi immagino le scene, ho talvolta visioni fantasiose. Cerco di immedesimarmi. E sono sicuro che in questo episodio Gesù avrà guardato in volto questo uomo. Me lo raffiguro giovane.
Ebbene, ne sono certo. Gesù avrà visto le sue pupille, avrà sentito la sua voce, avrà notato i muscoli della sua faccia. Eh sì, cari miei, perché la tristezza più che un’emozione è qualcosa che dice molto di noi. Gli occhi sono indicatori di tristezza perché le pupille diminuiscono. Anzi, le mie pupille si rimpiccioliscono nel guardare gli occhi tristi di un altro! Si crea una sorta di empatia. “Gesù fissatolo lo amò!” – sta scritto altrove.
E poi il tono della voce. Quando uno è triste, gli si modula la voce, riducendo la media e la variabilità della frequenza normale e fondamentale. Quando qualcuno è triste, viene prodotto un discorso lento e basso con una debole energia. E infine Gesù avrà notato anche la muscolatura. Del volto tutto è coinvolto quando siamo invasi dalla tristezza: i muscoli perdono di vigore e manifestano anche inespressività; la fronte tende a corrugarsi e perfino gli angoli della bocca si rivolgono verso il basso.
Non voglio farla lunga. Gesù ascoltando l’uomo che gli chiedeva cosa dovesse fare per essere perfetto, ha sicuramente notato tutto questo. E avrà deciso subito di lasciargli fare la sua scelta. Avendo tante ricchezze, aveva già deciso in cuor suo.
Ma aveva il volto tristissimo.
Immagine: Heinrich Hofmann – Gesù Ed Il Giovane Ricco