Pur celebrandone diverse, devo dire che solitamente evito le feste di nozze. Vi ho partecipato finora solo per amore dei miei fratelli e dei parenti stretti. Ricevo di tanto intanto alcuni inviti. Ma rifuggo. Odio le attese. Mi vanno stretti certi rituali. A me piacciono le novità, non gli stereotipi. Certi matrimoni sono diventati status-symbol. Per carità. E gli sposi non arrivano mai. Si comincia a mangiare dopo ore. Fra una portata e l’altra, almeno 20 minuti di logorante sfinimento. Non è per me!
La parola di Dio scelta per oggi, festa di Sant’Agostino, parla di nozze. La parabola delle ragazze prudenti e stolte ci informa anche su come erano organizzati i matrimoni ai tempi di Gesù. Dietro lo sposo si nasconde Gesù risorto. Che tornerà. Noi siamo nel “già e non ancora”. E quando tornerà, sarà festa. Vi ricordate i canti dell’Avvento?
Nel frattempo, noi siamo chiamati a vigilare, a stare svegli, ad aspettarlo con fiducia. Non possiamo permetterci di stare con le mani in mano. Probabilmente ci intorpidiremo e ci addormenteremo come tutti. Occorre essere proiettati in questa dimensione. Ad ogni Eucaristia, del resto ci viene ricordato: Annunciamo la tua morte o Signore, proclamiamo la tua Resurrezione nell’attesa della tua venuta.
Però da come viviamo, dal nostro stile di vita, siamo sinceri: quanti vivono veramente con questo anelito? Quanti attendono ancora a questo ritorno? Quanti, davvero, aspettano il ritorno glorioso del Signore nella pienezza dei tempi? Sospendo il giudizio. Noi viviamo nel frammento. Alla giornata, diciamo. Carpe diem! – da pagani che siamo! Accogliamo questa parabola come un severo monito, come un invito a non desistere, come una scossa alla nostra tiepidezza. Vegliamo nella gioia aspettando il ritorno dello sposo. Verrà quando meno ce lo aspettiamo.