Gesù spinge Pietro al perdono cristiano illimitato. E gioca sul paradosso, il paradosso dei numeri. Quando sono multipli di decine già dicono pienezza e completezza. Intuiamo dunque che il debito di diecimila talenti è un simbolo e dice tutta la gravità e tutta la tipologia dei peccati. È una cifra volutamente assurda. Pensate, le rendite annuali del re Erode il Grande pare che ammontassero a 900 talenti l’anno e che l’intera Galilea nel 4 a.C. consegnò all’erario romano tasse per soli 200 talenti circa!!!
Il talento all’origine, di oro o di argento, costituiva un’unità di peso di metalli pregiati destinata a regolare i rapporti commerciali più importanti fra gli stati, lo sappiamo da alcuni racconti biblici. Ed erano veramente pesanti: un talento pesava circa 35 kg e poteva equivalere a tremila sicli o seimila denari.
Ecco perché Gesù paradossalmente esagera assai. Esaspera volutamente il contrasto: Dio perdona al servo un debito colossale di decine e decine di milioni di denari, mentre quel malvagio non sa condonare al suo collega 100 miseri spiccioli!!
Gesù poi ha usato questa immagine per parlare anche dei doni e delle qualità di ogni persona, quindi non dobbiamo fermarci solo ad una lettura per così dire “finanziaria” della parabola, ma esistenziale e più profonda.
Questa sproporzione fra i due atteggiamenti suscita in ogni uditore in buona fede uno sdegno acutissimo. Ciononostante – dobbiamo ammetterlo – non è raro che il sevo malvagio alla fine sia lo spettro di ciascuno di noi quando non sappiamo davvero perdonare.