Mi pare di aver già commentato la parabola del seminatore oggi presente nella liturgia con la versione lucana. E la mia preghiera si è soffermata su un particolare dell’introduzione. Riferisce Luca: “…poiché molta folla si radunava per ascoltarlo…”
Di fronte a questo desiderio di ascolto, Gesù non si trattiene, parla. Vogliono sentire la sua parola. E Gesù approfitta per sottolineare l’importanza dell’ascolto. Il seminatore della Parabola è lui. Seme e seminatore. L’inviato dal Padre per annunciare che il Regno ormai è in mezzo a noi. Questa è la beatitudine che ci rende contenti. Contenti sì, cioè contenuti. La nostra salvezza ha un contenuto. Non è vuota la nostra speranza. E la gioia che ne proviene non è perché ci viene riempita la pancia, ci viene promesso che staremo sempre bene, che non ci sarà da lavorare né da fare sacrifici…
La seminagione chiede solo di far spazio alla Parola. Il nostro cristianesimo è malato, molto malato perché non è più capace di fare questo; abbiamo smesso di ascoltarla, la Parola! La nostra vita cristiana e comunitaria tornerà a portare frutto se ci apriremo alla Parola, se ogni giorno da essa è illuminato. Il seme della Parola chiede di essere sparso e al nostro cuore di essere terra buona; cioè, capace di silenzio, di ascolto, di rifiuto del male, di scelta del bene. Il resto lo farà lei.
Il Signore mi dia ancora la gioia della predicazione che mi animava agli inizi del mio sacerdozio, 32 anni fa, dove molto più alta era la domanda nei confronti della Parola: passavo sabati e domeniche intere a predicare ritiri per le medie, per gli adolescenti, per i giovani. Gli oratoriani non chiedevano il bar per bere la birra, il locale dove ritrovarsi a parlare, il campo di calcio dove giocare… i giovani mi chiedevano la Parola di Dio.
Cosa ne è stata di quella fame? E cosa ne sarà della nostra fede, se non ha più fame di Parola di Dio?
Immagine: Il seminatore