Ci viene proposto il brano del buon samaritano. Il contesto non è fra i migliori. Mancanza di fiducia. Mancanza di stile. Tu non puoi relazionarti con una persona, già pensando in cuor tuo di farla cadere. Mettere alla prova il Signore. Mancanza di fede. Con tutti io potrei pensare di farla franca, ma non con il Signore! Lui legge dentro. Il nostro parlare non è ancora sulla lingua e Lui già lo conosce tutto. Che sfida sarebbe? Sarei in perdita, prima di cominciare.
Questo dice la faccia tosta. La mancanza di sincerità previa. Eppure Gesù sta al gioco e non si lascia irretire dagli elogi: “Maestro buono?” Lui è un carpentiere. Lui è un falegname. Vi ricordate a Nazareth: “Non è costui il figlio del carpentiere…” come a dire…chi si crede d’essere? Adesso invece, vengono buoni anche i titoli. Ahimè…
C’è il pregiudizio. Costui non viene da Dio. Invece Gesù viene proprio da Dio. E lo si capisce dal tono del suo dire, dal contenuto della sua parabola, degli esiti della sua testimonianza. Parla della sua vita. Non è un teorico. Chiede il coinvolgimento. Mons. Delpini nel suo ultimo scritto parla della capacità di suscitare le domande, di saper alimentare l’amicizia vera.
E di uno che parla con me per mettermi alla prova, non diventerei mai amico! Fatto sta che costui non è in buona fede, è già fuori dalla logica evangelica. Gli preme di essere il primo a mettere in imbarazzo Gesù, considerato un provincialotto che incanta le folle!!
Gesù al contrario non sa solo suscitare domande. Gesù sa dare risposte, se stai in ascolto. Gesù è il desiderio del tuo essere felice. In Lui la Parola non è teoria. Gesù parla di sangue e carne. Roba concreta. Di un poveraccio incappato nei briganti. Gesù insegna la tenerezza. Ma la prima compassione l’avrà avuta proprio con lui, con chi pensava di metterlo alla prova.
Immagine: Il buon samaritano – Scultura in bronzo