Porta accanto

La giornata di oggi, primo di novembre, fa risuonare nei nostri cuori la chiamata alla santità. Non è facoltativo per un cristiano. Anche se di fatto sfido chiunque a non ammettere che, quando pensiamo ai santi, concepiamo persone quasi irraggiungibili. E lo diciamo pure, per giustificarci nelle nostre miserie: “Eh già, non sono mica un santo!”

Invece essere santi significa corrispondere ad un progetto che inizialmente Dio ha su ciascuno di noi e, volenti o nolenti, Lui – questo disegno – lo realizzerà. In realtà questo grande cammino è accessibile a tutti. Papa Francesco arriva a sostenere che fra di essi noi possiamo ritenere che “possa esserci la nostra stessa madre, una nonna o altre persone vicine. Forse la loro vita non è stata sempre perfetta, però, anche in mezzo a imperfezioni e cadute, hanno continuato ad andare avanti e sono piaciute al Signore”.

Sono i santi “della porta accanto” come li definisce lui.  In realtà eravamo già stati abituati a ciò dal grande santo (giustappunto) Giovanni Paolo II che suscitava all’inizio del suo ministero petrino polemichette acide circa la scelta di così numerose santificazioni. Siamo passati a pontificati del secolo scorso come quello di papa Ratti dove in 17 anni ci furono solo 33 canonizzazioni, se non erro, ad eserciti di beati e santi di tutto il mondo!

E’ un nuovo modo di concepire la santità nel popolo di Dio: “nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità ‘della porta accanto’, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, ‘la classe media della santità”. È così feriale, umile e accessibile che papa Francesco ha affermato che la si può trovare anche fuori dalla compagine ecclesiale. Si sta preparando forse un’altra occasione di maggior dialogo ecumenico?