Posso dire la sincera verità. Fino a prima dello scatenarsi del virus ero parecchio infastidito da tutte le storie che i giovani e adolescenti postano su Instagram e i social in genere. Musica metal, discoteche affollate, drinks e cocktails sempre in mano, corpi poco vestiti ammassati gli uni sugli altri, istinti beluini, pose orgiastiche in mosse di danze da zulù… insomma dissipazioni e ubriachezze. Ci appesantiamo.
Qualcuno mi risponde: “Matusa, non facciamo niente di male…” E forse è vero. Noi adulti abbiamo conciato questo mondo in maniera peggiore. E forse il loro è solo un modo per esorcizzare il tanto male, un tentativo di evasione dai pensieri bui e dalle mancanze di certezze per il futuro.
Eppure, quando Gesù ci esorta a non perdere il tempo in dissipazioni ed ubriachezze, mi vengono in mente proprio queste scene così gettonate e sbandierate ai quattro venti che purtroppo non solo gli adolescenti e i giovani ti buttano in faccia…
Anche gente che ha responsabilità e addirittura anziani, si stordiscono con superalcolici e spinelli. Qualcuno li fuma anche per affrontare le responsabilità lavorative, mi si dice.
Occorre vigilare, ammonisce Gesù nel Vangelo di oggi. Le dissipazioni, le ubriachezze e gli affanni della vita possono impedirci di vedere, impedirci di vivere. E alla fine ci ritroviamo a pezzi. Siamo frantumati, frammentari. E per andare avanti invece occorre unità, unificare la propria vita, trovare il bandolo della matassa.
E non datemi del moralista! Per me il cammino di unificazione interiore, che non termina mai in questa vita lo raggiungo nella consapevolezza che Dio solo conosce la verità dell’essere.
Vi ricordate le primissime parole di papa Wojtyla: “Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa!”
Quella voce forte. Quello sguardo deciso. Quell’indice puntato verso il cielo.
Avevo 16 anni quando ho udito queste parole. Mi hanno cambiato la vita. Mi sono fidato. E ancora oggi sono certo che Gesù sa chi sono, come sono e cosa vuole da me. E io lo lascio fare, affidandomi.