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La spada e l’anima

spada+anima

Altro vangelo natalizio con una immagine violenta. Prima Simeone parla di luce che illumina tutte le genti, subito dopo annunzia a Maria la grande prova che l’aspetta. Le svela che sarà associata al destino doloroso del Figlio. Ma nel primo annuncio Gabriele non aveva accennato per niente a tutto ciò!! Giovanni Paolo II definisce le parole del vecchio sacerdote un “secondo annunzio” (Redemptoris Mater, 16), che porterà la Vergine ad una più profonda comprensione del mistero di suo Figlio.

Non sta profetizzando per tutti. No! Si è rivolto proprio a lei: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima – perché siano svelati i pensieri di molti cuori” (Lc 2,34-35).

Bell’augurio da buttare in faccia ad una madre, il giorno gioioso in cui presenta suo figlio al buon Dio! Simeone con franchezza (poco opportuna) affianca alla sofferenza di Cristo la visione dell’anima di Maria trafitta dalla spada, accomunando, in tal modo, la Madre al doloroso destino del Figlio. Tutto il dolore si ripercuoterà anche in lei. Tutti noi sappiamo che tale sofferenza materna raggiungerà il culmine nella passione quando si unirà al Figlio nel sacrificio redentore. Maria è corredentrice.

Vengono in mente le parole del Carme del Messia sofferente. Anche Isaia parla del “Servo” trafitto per i nostri delitti che offre sé stesso in sostituzione di pingui animali. Decisamente triste ed angoscioso. Possiamo infatti immaginare che Maria e Giuseppe manifestano non poco stupore quando Simeone parla così, proprio per loro. Maria invece, in riferimento alla profezia della spada che le trafiggerà l’anima, non dice nulla. Accoglie in silenzio quelle parole misteriose che lasciano presagire una prova molto dolorosa e collocano nel suo significato più autentico la presentazione di Gesù al Tempio.

Avevano portato infatti una coppia di tortorelle come prescriveva la Legge. È preludio al sacrificio di Cristo Gesù, mite e umile, agnello condotto al macello senza belare. In molte regioni di Italia questo mistero è nella devozione esagerato. Le sagome mariane, tutte nere, sono infilzate da sette lame.

Quando mi imbatto in una di queste, stento a sostenere lo sguardo. Solitamente volto via la faccia. Mi addolora troppo.

Don Massimo

Don Massimo

Parroco della Parrocchia di San Gerardo al Corpo

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