Ogni volta che busso alla porta di un parrocchiano e non solo durante le benedizioni pasquali, io esclamo: “Pace a questa casa e a coloro che vi abitano!”
Lo faccio da trent’anni. Non puoi entrare nella vita di una persona e portare lo scompiglio. Il cristiano è chiamato ad annunciare la pace… a viverla in prima persona e poi testimoniarla.
Eppure non è facile vivere nella pace. Me ne accorgo ogni giorno di più. E non solo perché vengo a conoscenza ogni giorno di più di situazioni non riconciliate, ma perché io stesso lasciandomi trascinare non riesco a sostare nella pace. C’è sempre come un crinale su cui vengo condotto. Sotto cui si apre la voragine.
Infatti nella vita, e lo dico con rammarico, non tutte le relazioni vanno avanti come le si desiderano. C’è un male strutturale che ti raggiunge e di cui non puoi farci niente. Potresti insomma essere la persona più pacifica, comprensiva e amichevole di questo mondo, ma ci saranno comunque persone con cui non riuscirai ad andare d’accordo. O, peggio, che godono nel trascinarti nella conflittualità.
Ebbene Gesù dice che la pace che hai augurato a loro tornerà a te! A ben pensarci è forte questa espressione per uno che ha insegnato ad amare e a pregare perfino per i nemici. Ma è come se Cristo dicesse che la pace è un bene così prezioso e così oggettivo che non si può tirarlo per i capelli.
Per cui poco importa se si perde per problemi tuoi o loro, per colpa tua o degli altri…
Casi del genere li riconosci quando ogni tentativo di rattoppo porta ad aggravare lo strappo. Non so se penso il giusto (anche il prete è un uomo e può cedere ad una mentalità mondana) ma in situazioni del genere è consigliato fare pace umilmente con il limite e con la realtà, ma poi chiudere nel modo più civile possibile…
Guai a noi però se alimentiamo un carattere incompatibile con la pace del vangelo. Occorre non abbassare la guardia. Diventare mondani e disconoscere Cristo, accade in un attimo.