La mia ricerca fotografica si sarebbe potuta accontentare di proporvi del buon lievito che fa fermentare tutta la pasta per poterne fare buon pane o una buona pizza.
Ma ho preferito questa immagine che ho trovato (forse una fontana, non saprei) fatta di volti duri e inespressivi, immobili ed inquietanti. Delle maschere.
Non è un omaggio a questo Carnevale pandemico. Lo so che oggi è Martedì grasso. Ma è la sensazione che mi ha suscitato il monito di Gesù nella lettura del vangelo di oggi: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!»
Cosa voglio dire? Che di per sé il lievito è termine positivo. Ma associato alla pessima figura di Erode, accostato alla fama non bella di cui godevano certi osservanti ebrei, non mi quadra molto.
Se dunque collochiamo questa espressione fuori dalla pericope, rischiamo di essere fuorvianti e di caricare il termine: lievito, compromettendolo.
Evidentemente Gesù sta facendo riferimento alla ipocrisia. Basta fare un confronto con lo stesso brano presente anche negli altri due sinottici. Luca lo specifica addirittura.
Ebbene l’ipocrisia è quel vizio che ci fa perdere l’autenticità, la verità di noi stessi. Ci rende maschere false ed opportuniste. Sovente le provocazioni di Gesù li smascheravano. Gli ipocriti si sentivano a disagio di fronte alla verità di Cristo, alla verità che è Cristo.
La foga con cui difendevano poi le loro posizioni li rendeva ancora più violenti e figli della menzogna. Nella scala dei peccati per Gesù, la menzogna occupa un posto particolare. Evidentemente lo stile dei farisei e la fama di Erode li precedevano ed erano note a tutte.
Non ci resta allora che esaminare ogni giorno la nostra coscienza, le nostre abitudini, le nostre scelte per vedere se c’è in noi quel lievito maligno che sarà da estirpare tutto se vogliamo rinascere e “celebrare una Pasqua nuova”, come ci esorta quest’anno il nostro Arcivescovo Mario.