Il lavandaio

lavandaia

Saliamo anche noi sul monte Tabor in questa seconda domenica di Quaresima. Dal deserto delle tentazioni la liturgia ci fa fare un salto spirituale al monte della Trasfigurazione. Questa volta però non è da solo, Gesù vuole con sé Pietro, Giacomo e Giovanni si lasciano condurre da Gesù. Non si capisce bene chi è più nell’incertezza, se i discepoli o Gesù che sente il dovere di prepararli alla Passione. Sta di fatto che cuore e testa sono pieni di domande, dubbi e incertezze…il bano del vangelo è molto concitato. Tanti sentimenti. Tante cose. Salgono. Io mi immagino in silenzio.

Poi all’improvviso l’evento: stranissimo! Un unicum…il Signore si trasfigura davanti a loro…il particolare della luce è sintomatico. Non si riesce a descriverla. Marco scomoda perfino un termine che mi ha assai intrigato. Sono andato ad approfondire.

Nessun lavandaio riuscirebbe a rendere così bianca una tunica. Gesù è splendente come il sole… Ebbene Marco usa il termine γναφεύς (gnafeus) che per la verità non significa letteralmente lavandaio ma…carditore di stoffa. Cioè?

La cardatura è un’operazione che precede il processo di filatura della lana. Preceduta dalla battitura delle fibre, per liberarle dai corpi estranei, consiste nel liberare dalle impurità, districare e rendere parallele le fibre tessili, al fine di permettere le successive operazioni di filatura. Deve il suo nome alla pianta del cardo; anticamente le infiorescenze seccate del cardo dei lanaioli (che sono coperte di aculei) venivano usate per questo lavoro.

Aculei come le spine della corona. Non c’è nulla che possa risplendere se non è passato attraverso la purificazione pasquale. Non c’è Risurrezione senza Passione. Gesù lo sa. I suoi discepoli non sempre… Gesù li vuole preparare allo scandalo.

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Don Massimo

Parroco della Parrocchia di San Gerardo al Corpo

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