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Lo prese per il collo

presa+collo

Quante persone prenderemmo per il collo? Ma non perché ci stanno antipatiche, ma perché rappresentano per noi qualcosa di cui siamo noi le prime vittime. In loro vediamo noi stessi con le nostre difficoltà.

Come il non saper perdonare. Nel vangelo odierno c’è un servo che si umilia in maniera viscida davanti al suo padrone per ottenerne il favore del condono, ma poi si fa padrone, domina, si erge con prepotenza sulla vita di un altro. Il verbo usato è proprio tipico di un abuso di potere, di uno che vuole esercitare violenza psicologica e fisica su un altro. Fino a bloccarlo, fino a prenderne quasi il possesso…la traduzione “lo prese per il collo” rende il momento rabbioso del regolamento di conti. Ma non tutto il resto. Molto più grave, secondo me.

Analizziamo. Alla domanda di Pietro «Signore, quante volte dovrò perdonare a mio fratello se pecca contro di me?», Gesù risponde che il perdono cristiano è senza limiti. Chi può avere così tanta faccia tosta da presentarsi davanti a Dio ed implorarne il perdono, e non essere poi immediatamente capace di concederlo agli altri?

Il perdono di Dio è il motivo e la misura del perdono fraterno. Dobbiamo perdonare senza misura, perché Dio ci ha già fatti oggetto di un perdono senza misura. Le due scenette costruite ad arte brillano per l’enorme contrasto, simboleggiato dalla sproporzione finanziaria altissima. Hanno l’obiettivo di sottolineare l’infamia dell’uomo che si rivela incapace di perdonare un’inezia al confronto dell’enormità del suo debito per cui strisciava.

La condanna del Signore è grave: il servo è meschino perché tiene il perdono ottenuto con tanto amore per sé stesso; la magnanimità di cui aveva fatto esperienza avrebbe dovuto renderlo capace di amare allo stesso modo (a chi più è perdonato, più ama).

All’opposto, il primo servo non permette che il perdono ricevuto diventi gioia e perdono anche per gli altri.

Mi chiedo in maniera concreta: è oggi praticabile questa parabola o rischia di essere retorica? Il perdono (soprattutto per offese gravi ricevute) non è facile. Ogni persona reagisce in modi diversi. E certamente la parabola non è da prendere in chiave moralistica, illudendo nell’indicare una norma generale.

Piuttosto è molto illuminante per come ci si deve porre davanti a Dio: ancora una volta con libertà. Dio ci lascia liberi. Al contrario è vincolante di come ci si debba porre davanti al fratello: “Non dovevi anche tu…?”

In troppi hanno ancora un rapporto “do ut des” con Dio…che invece dovrebbe essere totalmente gratuito. «Dio – dice il biblista Bruno Maggioni – non si lascia rinchiudere nella stretta reciprocità. E, dunque, chi crede in Dio e parla di Dio, deve allargare lo spazio del perdono, non della ferrea giustizia. Della ferrea giustizia parlano già altri. Non è il caso di unirsi al coro!»

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Don Massimo

Parroco della Parrocchia di San Gerardo al Corpo

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