Lo hanno messo all’angolo stavolta. Gesù non ha scampo. Erano sicuri che non fosse d’accordo. L’avevano pensata bella: se avesse detto che bisognava lapidarla avrebbe smentito tutto il suo messaggio; altrimenti si metteva contro la legge e avrebbero avuto il pretesto per condannarlo. Scaltri, vero?
In realtà, dunque l’imputato è Gesù, non la donna. La mira delle pietre è contro di lui e probabilmente c’è sotto anche un altro tranello. Tramavano: questa donna è già stata giudicata dal tribunale degli scribi e dei farisei, ma il tribunale giudaico non poteva comminare la pena di morte, allora se Gesù approva la pena di morte si mette contro i romani che si erano riservati la pena capitale; se non l’approva si mette contro il popolo che voleva la libertà dai romani. Quindi era una seconda buona trappola, o smentiva sé stesso e perdeva il prestigio, o si inguaiava. Doppio inganno.
Ma Gesù non si scompone per niente. Si china e scrive col dito per terra. Si dice due volte che scrive col dito per terra e due volte che si rialza in piedi. Ora in un racconto così breve e sintetico, riferire questi dettagli – chinarsi, scrivere col dito per terra e drizzarsi – scriverli due volte, intendo…acquista un significato particolare. Non può essere a caso.
E su questo comportamento di Cristo si sono scritti fiumi d’inchiostro. I curiosi vorrebbero sapere addirittura cosa avesse scritto Gesù. Il testo dice niente, non spreca una Parola su questo, dice solo che scrive. In realtà Gesù fa come una pausa, s’arresta e non risponde. È saggio. Prima bisogna placare la folla, non sfidarla. Lo avrebbero fatto fuori anche lui subito, insieme alla donna; si china, invitando tutti a chinarsi. Quando mi abbasso, spontaneamente mi viene da guardare in giù, a guardarmi dentro.
Forse c’era polvere o terra battuta. Ma non dimentichiamo che siamo nel tempio, c’è il lastricato del tempio, le pietre del pavimento; il dito che scrive sulle pietre richiama agli ebrei che Dio ha scritto la sua legge col dito sulle tavole di pietra. Quindi Gesù vuol dire che oltre la legge che è scritta, c’è uno che la scrive. Praticamente con questo gesto Gesù si richiama al dito di Dio che è all’origine di tutta la Scrittura. E cosa rivela Dio nella Scrittura? Che lui è misericordia, perdono e che al centro non ha messo l’albero della morte, bensì l’albero della vita!
Dio punisce il peccato, ma perdona il peccatore.
Ma siccome non se ne andavano. Gesù si abbassa una seconda volta. Il che vuol dire che Gesù non rispondeva e loro insistevano nell’interrogarlo; allora si drizza e si mostra in tutta la sua autorità. Stavolta parla. Gesù, insomma, li vuole richiamare ad un’altra verità: prima di lanciare il sasso, prima di lapidare, provate a guardare dentro voi stessi perché lapidate quella persona? Per sentirvi a posto? Per sentirvi puliti ammazzando una persona? Guardi ognuno la propria coscienza. Se uno guarda sé stesso, non condanna mai, capisce che il male è dentro di lui prima di tutto, non nella vittima designata anche se ha commesso un male reale… Guarda il male dentro di te!
E poi combatti quello con la tua coscienza. Quindi Gesù non nega la legge, dice: applicatela a voi stessi. Chi giudica sé, non giudica nessuno; ci troviamo tutti sullo stesso piede di partenza e allora si cercherà di risolvere il problema reale.
Di nuovo si china per scrivere per terra: cioè non vuole sostenere neanche le reazioni immediate, ognuno rifletta e continua il gesto precedente.
E ad uno ad uno se ne vanno tutti.