Del vangelo del Padre misericordioso proposto in questa domenica detta “laetare” (della gioia) che è la quarta di quaresima, riprendo solo la chiusa della parte che riguarda il figlio prodigo, ormai ritornato e straperdonato. Il padre ordina e tutti… “cominciarono a far festa”. Sembra l’inizio di un evento che continua e che non si fermerà mai più. Forse il rimando teologico è alla accoglienza continua dei peccatori da parte della grazia di Dio… che non terminerà mai. La misericordia di Dio infatti è infinita. C’è una omelia di Mons. Delpini pronunciata alle ordinazioni sacerdotali dell’8 giugno 2018, che rimarrà immemorabile perché fra quei novellini, c’era anche il venticinquenne don Stefano già vicario di San Gerardo. Quindi ero presente anche io.
“Questo nostro tempo ha bisogno di incominciare a far festa…” – fu l’incipit. Mai parole più profetiche rilette oggi dopo questi anni di lockdown, di chiusure, di ristrettezze. La gente ha bisogno di far festa. Quella gioia di cui abbiamo bisogno, non l’abbiamo trovata. Ci siamo illusi che stesse nel potere, nella salute, nei soldi, nel piacere… Però la gioia non si compra né si può comandare. Il padre misericordioso la ordina. Sia festa, avevo perso un figlio e l’ho ritrovato. Non si può non gioire. Il fratello più grande infatti non gioisce.
Le nostre buone intenzioni non bastano al desiderio da parte del mondo di fare festa. La nostra capacità di gioia non basta neppure per noi stessi, figuriamoci se può bastare al desiderio del mondo. E allora a quale tipo di festa ci invita il Signore della misericordia?
Noi tutti discepoli, la Chiesa intera, i sacerdoti…tutti gli uomini di buona volontà cioè quelli che Dio ama, siamo sollecitati a non diventare come il figlio maggiore della parabola che resta desolato, ingrugnito, cocciuto… dobbiamo cedere alla nostalgia di casa. Siamo inviati perché la festa cominci. Lo sposo è giunto. La separazione è finità. La notte è terminata. Entriamo a far festa. Noi non siamo le vergini imprudenti, che non hanno più olio…per le quali la porta fu chiusa: “Amen, amen…e vi dico… nemmeno vi conosco”