Dalla liturgia odierna, nella logica del Vangelo delle piccole cose, parole che passano inosservate a volte, raccolgo questo termine con cui Gesù chiama gli apostoli radunati nel Cenacolo. È il momento triste del tradimento di Gesù. Giuda ha fatto ormai la sua scelta ed è appena lasciato la tavola. Il Maestro sta per pronunciare le parole solenni con cui istituzionalizza la Santa Eucaristia.
E proprio in quel momento usa un diminutivo, un “figlioletti miei”, in greco è una parola che vuol dire “generati”, usata anche da san Paolo nella lettera ai Galati (4,18-20);
persone che io genero di nuovo; vi partorisco come figli nuovi a cui affiderò la Chiesa e si preoccupa per loro, perché Lui ormai tra poche ore se ne va. Siamo alla sera del giovedì santo, tra una dozzina di ore e anche prima, ormai è consegnato alla Croce. Le pecore del gregge si saranno disperse ma poi i discepoli lo cercheranno di nuovo, lo desidereranno.
Ricordiamoci delle primissime parole che Gesù rivolge ai primi due che lo seguono: che cosa cercate? Il discepolo è colui che cerca; l’uomo cerca, l’uomo è desiderio, desiderio di vita, desiderio di felicità; è desiderio di Dio che è pienezza di vita e di felicità.
È importante cercare e desiderare. Però il Cristo aggiunge una realtà amara: “Voi non potete venire dove io vado”. Gli riconosce che non è che non vogliono… Non possono! Cioè c’è l’impossibilità di eseguire questo desiderio. Nella vita lo sperimentiamo spesso: desiderare una cosa e sperimentare che è impossibile raggiungerla. Che ne so: un amore, la carriera, un sogno… Direi che è il dramma dell’uomo. Perché se noi ci pensiamo bene, ciò che desideriamo in realtà, è ciò che ci è impossibile, perché ciò che mi è possibile non è che lo desidero, lo faccio. Quel che riesco a fare neanche lo desidero più di tanto. Ciò che desidero invece è ciò che io non riesco a fare. Che, per esempio, un altro mi accetti, che un altro mi voglia bene, non è che possa farlo io! Meno male che c’è la promessa finale: “Voi non potete ora venire. Però, dice, mi troverete”. Cristo, che partecipa dell’amore del Padre, non può separarsi dai suoi “figlioli”