Epigrafe

epigrafe

Iscrizione. Cartello. Scritta. Ci sono molti termini usati per l’epigrafe che Pilato fa affiggere sopra il patibolo. È come un titolo finale. La sigla di chiusura della storia, la storia più bella del mondo che però ha un epilogo tragico, terribile, ignobile. Si è fatto anatema per pendere da una croce. L’innocenza è scambiata per peccato. Ai piedi della scritta, c’è tutto un popolo che si immedesima. Se Gesù muore così, sono re anche io. La storia del bene va avanti perché c’è molta gente che pure esiste ed è la stragrande maggioranza del mondo in cui ci sono anch’io o, almeno ci vorrei essere.

Sono quelli che regnano con Cristo, che servono il Regno, che vivono il valore della solidarietà, dell’umiltà. Meno male che Cristo non ha ceduto alla tentazione di scendere, come lo provocavano gli astanti. Perché così facendo ci ha liberato dalla falsa immagine di Dio demoniaca, del potere strumentalizzante e strumentalizzato.

Gesù aveva detto a Pilato quando gli chiede: Sei re? Sì, io sono re – rispose il Maestro. Gesù è consapevole della sua identità, non avrebbe bisogno di una scritta. Ma l’ironia del vangelo pare che sottolinei molto questa verità che ci invita a non fermarci all’apparenza. Gesù è re della verità, mica della menzogna come sei tu. Si è lasciato incoronare di spine per testimoniare la verità. E la verità è esattamente il contrario di quello che fai tu.

Quindi il cristianesimo non giustifica nessun potere e domino dell’uomo sull’uomo. Togliere la libertà all’uomo è distruggerlo. Togli l’immagine di Dio dal tuo cuore, se è fuorviante. Dio rispetta la nostra libertà anche quando andiamo contro di Lui e anche quando andiamo contro noi stessi – che per Lui è peggio.

Ma se ci togliesse la libertà, non potremmo più neanche essere fratelli, neanche agire responsabilmente. Quindi davanti a quell’epigrafe si apre tutta la nostra responsabilità, capacità di rispondere in modo nuovo a questa nuova immagine di Dio, a questa nuova immagine di uomo che ci è data di fronte a Dio che si lascia crocifiggere.

L’uomo realizzato è quello che è capace di amare, di servire e così è finalmente libero dall’egoismo; se noi cristiani cominciassimo a testimoniare, cambierebbe davvero la storia. Quindi questo gesto della scritta che sembrava, dal punto di vista politico, irrilevante o addirittura cinico, in realtà sconvolge tutti gli equilibri. “Quello che ho scritto, ho scritto” decide Pilato ignorando che sta affermando proprio lui  – che era l’emblema della viltà – la verità della morte in croce di Gesù  che raddrizza finalmente il mondo intero e lo fa più giusto.

Don Massimo

Don Massimo

Parroco della Parrocchia di San Gerardo al Corpo

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