La domenica dopo Pentecoste attraverso la figura di Nicodemo ci permette di soffermarci ulteriormente sul tema dello Spirito: pneuma. È il vocabolo greco pnéuma che risuona ben 379 volte nel Nuovo Testamento e che – come nell’equivalente ebraico rûah una tra le parole fondamentali dell’Antico Testamento – ha alla base il concetto di “respiro, soffio, alito, vento. Esso, però, diventa che il termine che indica l’anima, la presenza di Dio in noi. Non per nulla anche la nostra parola “anima” rimanda al greco ánemos che significa “vento”.
È stato facile a Pasqua comprendere quella scena, a prima vista sorprendente, che è chiamata la “Pentecoste giovannea” e che vede come protagonista il Cristo risorto: «Gesù stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi. Detto questo, soffiò e disse loro: Ricevete lo Spirito (Pnéuma) Santo!”» (Giovanni 20,21-22). Cristo, subito dopo, assegna loro il potere di perdonare i peccati: lo Spirito Santo – che per ben cinque volte egli aveva promesso agli apostoli riuniti nel Cenacolo poche ore prima del suo arresto.
Già il Salmista cantava: «Manda il tuo spirito e sono creati; tu rinnovi la faccia della terra» (104,30). Infine lo Spirito Santo è anche sorgente della vita nuova attraverso la salvezza offerta nella rinascita battesimale, come insegnava Gesù a Nicodemo durante quel famoso incontro notturno: «Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel Regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, quello che è nato dallo Spirito è spirito» (Giovanni 3,5-6). E Gesù aveva spiegato il tema ricorrendo proprio al contrappunto tra il vento e lo Spirito sulla base dello stesso valore sotteso al vocabolo pnéuma: «Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito» (3,8).
Lasciamoci portare dal vento dello Spirito. Nicodemo l’avrà fatto?