Ricordo di averne già parlato in questo blog. Andate a cercarlo. Era il 14 marzo 2021. Scrissi diffusamente su questo episodio, ma vorrei oggi soffermarmi ancora un poco sull’immagine della serpe. La foto riporta quella che c’è in Sant’Ambrogio a Milano. Ha perfino un nome quel serpente: Necustan! É il serpente di Mosè. Parliamone, altrimenti stiamo sempre fermi al serpente del paradiso perduto!

Nella Bibbia si racconta che tutto iniziò quando Mosè, per convincere il Faraone che le sue parole venivano da Dio, buttò per terra il bastone di Aronne e questo si trasformò in serpente. Il Faraone dunque chiamò i suoi maghi che ripeterono l’incantesimo, ma, a prova della superiorità del Dio di Mosè, il serpente del patriarca mangiò i serpenti dei maghi del Faraone. Una strage di rettili! L’aspetto riguardante il “bastone magico” ha poi generato molte leggende creando un proprio filone. Invece ritorna dopo l’Esodo quando Dio, in seguito alle lamentele per la durezza del viaggio nel deserto, manda fra gli Israeliti dei serpenti velenosi che mietono numerose vittime. Il popolo pentito si rivolge allora a Mosè affinché preghi il Signore di allontanare i serpenti. Dopo che Mosè ebbe pregato, Dio gli ordina di forgiare un serpente di bronzo e di collocarlo in vista del popolo: chiunque fosse stato morsicato dai serpenti velenosi, si sarebbe potuto salvare solo guardando verso il serpente di Mosè.

Nel Vangelo di Giovanni, Gesù discute il suo destino con un maestro ebreo di nome Nicodemo e fa un confronto tra l’innalzamento del Figlio dell’uomo e l’atto del serpente sollevato da Mosè per la guarigione del popolo. Gesù lo applicò come un presagio del proprio atto di salvezza mediante l’essere innalzato sulla croce, affermando: “E, come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna. Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”.

Una curiosità? L’arcivescovo Arnolfo II da Arsago, intorno all’anno 1000, portò a Milano da uno dei suoi viaggi un serpente di bronzo e ancora adesso si trova nella Basilica di sant’Ambrogio a Milano, dov’è posto su di una colonna, al lato sinistro della navata centrale.