Io non so se in antico il pesce veniva cucinato anche con l’aggiunta del miele. In rete oggi si trovano in effetti ricette simili. Ma è particolare la richiesta di Gesù Risorto di gustare del buon pesce arrostito!
Molti pensano che con quell’invito, Gesù intenda suscitare sentimenti di gratitudine nei suoi confronti o di colpevolizzazione. Secondo me no. Vuole semplicemente ricordare il valore della loro vicenda vissuta insieme. Grande esperienza che il fallimento vissuto durante la Passione non può spazzare via. Come a dire: questi sono i segni della nostra comunione, di quanto abbiamo vissuto; di ciò in cui ho creduto, anche per voi. E da qui occorre ripartire nell’attesa del dono dello Spirito.
Teniamo anche conto che questa è la prima via per la quale Gesù tenta di far risorgere i discepoli, di trarli fuori da quegli inferi: rimandarli al loro vissuto, che non è stato sempre edificante, tutt’altro, ma che pure è stato evento di grazia.
Quindi chiede da mangiare. Un primo significato di tale richiesta è quello di affermare la sua corporeità e dunque rassicurare che quanto vedono non è uno “spirito”, come Luca ripete per due volte (vv. 37 e 39). Ma possiamo anche leggervi il rimando a un altro tratto di quella “vita insieme” dei discepoli con Gesù, quando avevano mangiato e gioito insieme a lui.
Per liberarli dalla paura e sostenerli sulla via della fede, il Risorto, dunque, prima rimanda i suoi alla passione, con il suo aspetto di sofferenza; quindi rievoca i pasti, con il loro aspetto di gioia. Significativamente alcuni codici e traduzioni antiche, tra cui la Siriaca e la Vulgata, aggiungono al pesce arrostito anche un “favo di miele”, che rimanda alla gioia messianica e alla festa: “Gli offrirono una porzione di pesce arrostito e un favo di miele”.