Oggi è Pentecoste. Un giorno grandioso. E io invece ad insistere sulle piccole cose, su ciò che potrebbe passare inosservato dalla meditazione del vangelo odierno.
Pentecoste. Cinquantesimo giorno. Si porta a compimento il mistero pasquale. Cioè la salvezza è al suo top! più di così… non si può!!! È tutto uno straripare d’amore. Quasi uno “straparlare” in tutte le lingue. Anche la separazione vissuta dieci giorni prima ora è superata da un Gesù che non ci abbandona, come aveva detto.
L’’inevitabile andarsene non è un abbandono. È bene per noi che Lui se ne sia andato, ora lo possiamo capire e anche la nuova situazioni di orfani è accettabile. Una realtà già preparata più di otto secoli prima e annunciata già da Isaia quando di Israele dice: “Io non li abbandonerò” (Is 41,17). Ecco, la manifestazione ultima della nostra salvezza, umana e spirituale: salvati dal terrore primordiale e perenne dell’abbandono. L’assenza di Gesù è la sua presenza non visibile e silenziosa. Lo Spirito rende abitata questa invisibilità e eloquente questo silenzio.
Detto ciò, però Gesù vede anche la tristezza. Quelle parole di addio hanno un peso notevole. Dicono la necessità del suo andarsene (“per ora non siete in grado di portarne il peso”: Gv 16,12). Eppure diventano sopportabili, sostenibili grazie allo Spirito che abita la nostra solitudine e parla nel silenzio. L’invisibilità e il silenzio del Signore sono la nostra condizione di credenti. E sono il luogo dello Spirito. Luogo che non è dunque l’eclatante o l’appariscente o il prodigioso e il gridato, ma appunto, la solitudine e il silenzio. Siamo rinviati alla voce del silenzio sottile che parlò ad Elia nella sua solitudine al monte Oreb e quando quella voce silenziosa vinse la sua convinzione di essere abbandonato e la sua tentazione di morte: “Dopo il fuoco, ci fu la voce di un silenzio sottile” (1Re 19,12; secondo il testo ebraico). Lo straordinario della nostra salvezza si compie nel nascondimento silenzioso e invisibile dell’ascolto di una presenza interiore e nell’amore per colui che non vediamo. Il peso delle molte cose non dette, che dovremo scoprire noi nella storia non ci spaventa più.
Perché lui l’aveva detto: “Con me il vostro peso, diventa leggero” (Matteo 11, 29-30)