Essere fuori

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Anche noi usiamo un’espressione simile quando uno è sopra le righe: “quello è fuori come un balcone!” oppure quando uno sbotta e dà in escandescenze spesso diciamo: “Ho dato fuori!”. Però oggi nella liturgia della Parola si vuole dire qualcosa di più. Certo nella accezione del greco biblico l’espressione usata significa gettare fuori di posizione, spostare, stupire, fare meravigliare, essere stupito, sbalordito, essere fuori della propria mente, fuori di sé, pazzo…ma tutti capiscono che il messaggio è un altro.

Di fronte ai famigliari che lo giudicano pazzo, “fuori di sé”, e vogliono farlo uscire fuori dalla casa in cui si trova, Gesù afferma che nella sua nuova famiglia, nella comunità dei credenti, il criterio di prossimità non è dato dai legami di sangue, ma dal fare la volontà di Dio (Mc 3,35). L’appartenenza alla comunità di Gesù non ha altro criterio che il fare la volontà di Dio: non vi sono privilegi, appartenenze di diritto o acquisite una volta per tutte, ma l’appartenenza a Dio avviene solamente tramite l’ascolto della parola di Dio che conduce a rinnovare ogni giorno la fedeltà alla volontà del Padre.

Dunque la domanda è molto attuale, oggi che si parla tanto di inclusione. Ci possiamo infatti chiedere: chi è dentro e chi è fuori? L’essere nella chiesa, magari anche in modo visibile e pubblico, non va necessariamente di pari passo con la fede e con il fare la volontà di Dio. Il giudizio finale illuminerà ciò che nell’oggi può restare opaco e nascosto. L’appartenenza ecclesiale e anche la pratica sacramentale non sono assolutamente garanzie di salvezza: questo lo afferma Gesù nei vangeli. A volte è facile sapere dove è la Chiesa. Ma non sappiamo bene dove essa non è. Occorre essere cauti nel giudizio.

Gesù ci aiuta. Sua madre, suo fratello, sua sorella è chi fa la volontà del Padre.

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Don Massimo

Parroco della Parrocchia di San Gerardo al Corpo

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