Ci sono parole che dividono. Oggi ci concentriamo su una di esse. Ha diviso anche chiese. Il Vangelo spesso chiede il superamento di norme antiche. Non le abolisce, ma esorta a portarle a compimento secondo la gratuità e radicalità tipica del detto di Gesù. Sul ripudio matrimoniale (oggi si direbbe separazione) Gesù ha affermato, citando il versetto del Deuteronomio (24,1): «Fu detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie – eccetto il caso di pornéia – la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio». Gesù va alla radice e risale alla Genesi e cioè l’uomo e la donna destinati a diventare «una sola carne» (2,24). Questo è il progetto divino sulla coppia al quale Cristo si allinea, per cui «l’uomo non deve dividere ciò che Dio ha congiunto» come si proclama solennemente anche durante il rito delle nozze.
Capiamo dunque che il Deuteronomio esprimeva un’eccezione concessa «per la durezza del cuore» e che Gesù propone nella sua visione del matrimonio il modello dell’indissolubilità. Ma allora come spiegare l’inciso – da noi sottolineato con il termine greco pornéia – che presenta un’eccezione? È probabile che qui si sia di fronte ad una prassi in vigore nella comunità giudeo-cristiana delle origini. Sarebbe, quindi, una sorta di norma ecclesiale locale che veniva incontro ai problemi della gente. Nell’ebraismo infatti si confrontavano due scuole teologiche, l’una più “liberale”, incline a concedere un largo raggio di casi di divorzio, un’altra più restrittiva e orientata ad ammettere solo l’adulterio come giustificazione per il divorzio.
Quale sarebbe, allora, l’eccezione giustificabile? Non può essere, come si traduceva in passato, il “concubinato” non essendo esso un matrimonio in senso autentico, né una generica “fornicazione”, cioè l’adulterio, perché in questo caso ci si sarebbe espressi con altri termini. Tra l’altro anche nei primi decenni della vita della chiesa ci sono dei testi importanti che dichiarano: il marito che lascia la sposa adultera non può risposarsi perché permane il precedente legame matrimoniale.
Nel giudaismo del tempo esisteva un termine molto vicino alla “prostituzione” che indicava tecnicamente le unioni illegittime come quella tra un uomo e la sua matrigna, condannata dallo stesso san Paolo (1Corinzi 5,1). In pratica mi par di capire che si tratterebbe di una dichiarazione di nullità del matrimonio contratto, linea seguita poi anche dalla Chiesa cattolica sui casi di nullità del vincolo matrimoniale precedente. Si sa, però, che le Chiese ortodosse e protestanti hanno interpretato l’eccezione della pornéia come adulterio e, perciò, hanno ammesso il divorzio, sia pure limitandolo a questo caso. In realtà, la visione di Cristo sul matrimonio era netta e radicale, nello spirito di una cosciente, piena e indissolubile donazione reciproca.