Per il “Vangelo delle piccole cose”, mi concentro sulle parole di Cristo di fronte a Pilato: “…le mie guardie avrebbero combattuto…”. Mi hanno fatto riflettere. Dunque anche Gesù, nella persona di Gesù intendo, albergava il concetto di combattimento. Combattere è lecito o no? È da cristiano o no? Cattolicamente sappiamo che il concetto di legittima difesa è morale. Consentito. Se una nazione ci attaccasse, dovremmo difendere la nostra. Approfondiamo un poco.
La scena evangelica si svolge nel Pretorio. I Giudei hanno appena affermato che Gesù è un malfattore. Si sta mettendo a fuoco la regalità di Cristo. Per Pilato è affare terreno, è problema politico e di potere; per Gesù la regalità non è di quaggiù. E la logica del regnare di Gesù si differenzia da quella mondana, da quella di Pilato, proprio perché non è violenta, non è assolutista, cioè non fa il male, si rifiuta di fare violenza. Viceversa se non fosse stato così, avrebbe ammesso anche lui la violenza? Avrebbe avuto ragione Giuda e gli Zeloti!
Molto probabilmente no, perché la regalità di Gesù è non violenta. È una regalità che vince il male e lo rifiuta. È dunque una regalità sulla tendenza che è in noi a compiere il male, a essere affascinati dal male, a usare violenza, a prevaricare. La logica di “quaggiù” imporrebbe di sottrarsi in ogni modo e con ogni mezzo a una consegna che da tutti i punti di vista è ingiusta, non retta, non secondo il diritto, perfino assurda. Ecco di nuovo lo scandalo e il paradosso del Vangelo. La regalità di Gesù è dell’ordine delle beatitudini e passa attraverso il subire una condanna e una morte ingiuste, passa anche attraverso il non far valere i propri diritti, attraverso il sottomettersi a eventi decisi da volontà umane di prepotenza e prevaricazione. Questa regalità rifiuta di imporsi sugli altri, rifiuta di fare violenza. Questa è davvero una logica non di questo mondo. La vittoria (e dunque anche la regalità) che Gesù chiede ai suoi seguaci di far propria, è anzitutto la vittoria su di sé e sulla propria tendenza al male, alla violenza e alla prevaricazione.
E Gesù, quando lo percuotono, reagisce solo con un sorprendente e disarmante: “Perché mi percuoti?” Mi sono sempre chiesto cosa avrà portato nel cuore per tutto il resto della sua vita quella guardia di Caifa che osò percuotere violentemente il volto del Figlio di Dio.