Zappare e mendicare

Gesù costruisce ad arte questa parabola. È considerata una fra le più controverse pagine del Nuovo Testamento. Se si tratta di delineare la figura del discepolo, come può il Maestro proporre l’esempio di un amministratore disonesto? È moralmente lecito? Direi di no. Evidentemente no!

Non era quello l’intento di Gesù e tanto meno di Luca che registra questa parabola. Il centro del discorso è l’esortazione ad essere scaltri. I figli della luce nella vita spesso sono, o – meglio – si comportano come “paolotti”. Imparino dai figli delle tenebre che nel servizio al loro “Signore” ci mettono più zelo e passione. Una bella gara. Astuti come i serpenti e semplici come le colombe, ci vuole Gesù nella società!

Ma come al solito io rilancio, parole o espressioni – per così dire – marginali. Passano inosservate. Invece fanno riflettere. Quando all’imbroglione viene tolta l’amministrazione, cioè il “tutto” della sua vita, appare subito il tema della sopravvivenza. Ma dietro io ci vedo in maniera più appropriata, il discorso del senso.

Sembra quasi che si manchi di rispetto a quelli che si guadagnano il pane onestamente proprio “zappando”; sembra una parola di giudizio su chi mendica. La voglia e la vergogna… quante cose non facciamo perché non ne abbiamo voglia o perché ci vergogniamo? Davvero la voglia e la vergogna possono essere criteri per ritornare alla fede? Alla mancanza di senso come reagiamo?

Noi viviamo immersi nella mancanza di senso. Quante persone nella vita non hanno potuto scegliere ed hanno dovuto piegare la schiena sulla terra, usando la zappa? Quante persone nella vita hanno dovuto subire l’umiliazione di tendere la mano o di farsi accogliere in qualche comunità per barboni…?

Auguro a tutti di poter dire con prontezza: “So io cosa farò” …come decide il nostro amministratore infedele. I più non gliela fanno.