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Festa del Battesimo di Gesù. Sta scritto: “Allora Gesù dalla Galilea viene al Giordano da Giovanni, per essere battezzato da lui”. Abbiamo appena festeggiato la sua nascita. Ci siamo lasciati illuminare dalla stella di Betlemme. Fra le altre sue iniziali manifestazioni, ci viene proposta oggi l’icona del Giordano.

Gesù deve aver avuto circa 30 anni e noi leggendo il racconto viviamo quell’ora stessa, siamo anche noi sulle rive del Giordano. Vogliamo ripercorrere il suo stesso cammino. La liturgia ci avvantaggia; infatti il testo dice: Gesù “viene”, non dice: “andò”. È come se l’evangelista ci coinvolgesse sul sito. Suppone che noi siamo lì, abbiamo ascoltato la predicazione del Battista, siamo accorsi anche noi sul Giordano. E se ci siamo lasciati invitare, cosa siamo andati a vedere? Cosa siamo andati a fare? Semplicemente a riconoscerci come uomini e uomini peccatori.

Mi pare di scorgere un’ulteriore ricchezza in quel “viene”, perché dice che l’iniziativa è sua, solo sua…come se noi fossimo incapaci di muoverci, abbastanza bloccati. Forse anche noi attendavamo un Messia importante, ricco, nobile. E invece abbiamo celebrato un bambinello nudo, nato su ruvida paglia.

La scelta di Gesù risponde alla nostra incapacità di andare a lui. Lui è il Dio che viene, che è venuto, che verrà e che viene continuamente. Che cosa viene a fare sulla terra? Viene per essere battezzato. Battezzare vuol dire andare a fondo, essere immersi. Essere sommersi. Gesù viene per andare a fondo nella realtà umana, per essere come tutti gli uomini di buona volontà. E ci raggiunge là dove siamo maggiormente soli: nel limite, nella morte, nel peccato. E lui si mette in coda e dice al Battista: “Non è logico. Non è tanto logico…ma lascia fare… Dio Padre sa”. Sa il perché. Gesù viene per essere lì. Addirittura arriverà san Paolo a spingere oltre: Lui si fece maledizione e peccato per noi. Noi andiamo nel Giordano e lasciamo lì le nostre immondizie, i nostri peccati e Lui cosa fa? Si immerge in quelli.