Nel Vangelo di oggi si parla di due mani. La mano di Gesù. E la mano del Padre suo. Coincidono. Bellissima l’interpretazione di Michelangelo: le fa toccare, sfiorare. Ma oserei immaginare congruenti. Si potrà dire usando questo linguaggio geometrico? La mano di Gesù è la mano del Padre. Nessuno può strapparci dalla mano di Gesù, né dalla mano del Padre, perché sono la stessa mano operosa: mano creatrice che plasma l’uomo, mano che sana l’umanità ferita dal male e dal peccato. Gli uomini hanno tentato di fermare le mani di Gesù inchiodandole sulla croce, ma nemmeno quello è servito: sciolti i vincoli della croce e della morte le mani di Gesù – che sono le mani del Padre – sono divenute ulteriore segno di verità sull’identità del Pastore risorto e vivente. Memorabile la mano tesa a salvare Pietro che sprofonda nelle acque perché non ha avuto fede!!
San Francesco è molto coinvolto nell’immagine del Buon pastore riferita a Cristo. Sente di essere pecora amata da Dio e protetta e guidata dalla sua mano. Ecco cosa scrisse nella sua Regola: “E sempre costruiamo in noi un’abitazione e una dimora permanente a lui, che è il Signore Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, che dice: «Vigilate dunque e pregate in ogni tempo, perché siate ritenuti degni di sfuggire a tutti i mali che stanno per venire e di stare davanti al Figlio dell’uomo. E quando vi metterete a pregare, dite: Padre nostro che sei nei cieli». E adoriamolo con cuore puro, «perché bisogna pregare sempre senza stancarsi mai»; infatti «il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano, bisogna che lo adorino in spirito e verità». E a lui ricorriamo come al pastore e al vescovo delle anime nostre, il quale dice: «Io sono il buon Pastore, che pascolo le mie pecore e per le mie pecore do la mia vita»” (Regola non bollata, XXII : FF 61).
E le pecore elette che hanno seguito il Buon pastore capace di sostenere la passione della croce per loro ricevono la vita eterna.