Per sempre o per poco?

L’uomo è fatto per la vita, ma incontra la morte; desidera gioia, ma sperimenta tristezza; ricerca comunione, ma rimane nella desolazione. In questo tempo di Pasqua dovremmo fare esperienza di vita risorta, ma il sepolcro vuoto ci ricorda in ogni momento che Gesù è assente, è salito al cielo: non è più possibile vederlo. Siamo tutti Tommaso. Tuttavia, ancora un poco e lo vedremo. Ecco cos’è questo poco? Gesù aveva detto che sarebbe stato con noi fino alla fine dei tempi per sempre! Per sempre o per poco?

 

Il mistero pasquale è l’offerta di una chiave di lettura: la morte diventa via per entrare nella vita, la desolazione porta alla gioia, l’assenza diviene presenza. L’intera esistenza terrena diventa quel «poco tempo» che bisogna attraversare per arrivare a gustare la vera gioia. Sperimentiamo certamente contrarietà di ogni tipo: malattie, debolezze, persecuzioni, solitudine, … Ma tutte possono trasformarsi in cammino di liberazione e di donazione: liberazione dal proprio «piccolo io», dono di sé per amore. E nella misura in cui ciò avviene, già si pregusta la gioia della libertà la bellezza della vita eterna.

 Come abbiamo detto, questa nuova frase costituisce un cambio di scena. Gesù si rivolge ai suoi discepoli come un patriarca che, sul punto di morire, ha riunito i discendenti per consegnare loro il proprio testamento, e usa un termine affettuoso: figlioli (letteralmente figlioletti, in greco teknia, cioè, generati da me. Annunciando la sua partenza, Gesù crea una situazione nuova. Un nuovo parto. Una nuova partenza. Egli non sarà più con i suoi nel modo in cui lo era stato fino ad allora. Essi sono chiamati a continuare la loro amicizia con Lui attraverso una fede profonda, che non si appoggia alla sicurezza di un lontano al di là, ma che penetra nel mistero del Figlio e della sua morte.

Allora ben venga!… quel “poco” !!!