Oggi è il giorno in cui il vescovo si rivolge ai presbiteri di tutta la diocesi – i suoi preti – invitandoli a rinnovare le promesse fatte durante la loro ordinazione sacerdotale. Non ho quest’anno il diritto di lamentarmi per non essere in Duomo (la celebrazione a causa della pandemia è rinviata a data da destinarsi) anche perché da molto tempo non vi partecipavo. E chissà perché stavolta mi manca! Assai. Quell’11 giugno il card. Martini prendendo le mie mani giunte e stringendole forte fra i suoi palmi grandi e caldi, mi chiese guardandomi dritto negli occhi: “Prometti a me e ai miei successori filiale rispetto e obbedienza?” E io con tono sommesso ma deciso proclamai: “Sì, lo prometto”. E la mia sola voce nel silenzio di una cattedrale gremitissima, maestosa e solenne risuonó nella foresta delle colonne neogotiche rombando grandemente.
Oggi è il giorno in cui ogni prete è chiamato in coscienza – coscienza sacerdotale – a dare nuovamente il suo consenso, rinunziando a sè e ad adempiere il proprio impegno; dispensare i sacramenti e annunciare la Parola; avere uno stile di vita coerente in termini di fedeltà, castità e povertà. Martini, Tettamanzi, Scola, Delpini… i nomo cominciano ad essere numerosi. Nonostante le molte esperienze fatte – non sempre cristalline e serene – ancora una volta diró: “Sì, lo voglio!”. Con la grazia di Dio che, se vuole, porterà a compimento l’opera che ha iniziata in me. Nonostante me.
Immagine: Ordinazione di Don Massimo, Milano, 11/06/1988