I primi obiettori di coscienza erano visti male, non solo dalla società civile (= reato) ma anche dalla morale cattolica. Quando andava bene il giudizio dei benpensanti era: “Sono dei fannulloni. Non hanno voglia di fare il militare!” Poi il concetto si è diffuso. Il diritto si è esercitato anche in altri campi, quello medico per esempio. Nella liturgia della Parola odierna c’è l’episodio degli Atti che riguarda la disobbedienza di Pietro e Giovanni nei confronti di chi aveva loro espressamente vietato di predicare. Non erano eruditi. Non avevano istruzione. Giudicati innocui. Non facevano paura a nessuno eppure davano fastidio. Come il Maestro. Lo storpio risanato era lì in piedi ed era una continua eloquente anche se silenziosa predica! Parla da sè l’espressione usata da Luca che conclude: “Non sapevano che replicare”. La semplicità dei primi testimoni spiazza. Le loro certezze si incrinano. È evidente che li anima una forza soprannaturale. Tuttavia ancora una volta si trincerano dietro l’abuso del potere. Persino i Romani tolleravano qualsiasi religione…Ed è sorprendente, fantastica, modernissima, attualissima la risposta di Pietro e Giovanni di fronte al divieto: “Noi preferiamo obbedire a Dio. Non possiamo tacere”. Di fronte a questa loro determinazione – sta scritto – i capi, gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio li lasciarono andare. Una primissima e chiara obiezione di coscienza.
Sarebbe bene riconoscere ed imitare il coraggio e la forza di quanti fanno obiezione in favore della pace, del disarmo, dei profughi, dell’ecologia o di quei medici che si rifiutano di compiere aborti, varie forme di eutanasia e di fine vita assistito. Non criminalizziamo chi fa obiezione di coscienza. Al di là del credo religioso, potrebbero essere testimoni della Verità.