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Stefano

Santo Stefano condotto al martirio e lapidazione di santo Stefano (1447-48), del Beato Angelico.

Papa Francesco una volta aveva commentato l’esperienza radicale di chi muore per Gesù, così: “Il martirio è l’aria della vita di una comunità cristiana. Sempre ci sono martiri tra noi: è questo il segno che siamo sulla strada di Gesù”. La trovo molto coraggiosa come espressione. Mi ricordo che alla Giornata Mondiale della Gioventù in Polonia (eravamo nel secolo scorso…!) del 1991, incontrai il mio primo parroco, don Giovanni, sul sagrato della chiesa in cui si erano trovati tutti i giovani italiani. Lui non era più il parroco della mia infanzia, era nel frattempo diventato il card. Saldarini, arcivescovo di Torino. Lui avrebbe dovuto tenere la catechesi. L’argomento era proprio il martirio. A furia di spintoni e di: “Permesso, scusa, permesso…” arrivai così vicino da ascoltare le sue ultime parole che mi rimasero scolpite nella memoria se sono qui ancora a raccontarvele.

Ad una domanda di chiarimento, lui stava rispondendo così: “Non c’è da augurarsi il martirio o andare a cercarselo…ma nello stesso tempo, se la Chiesa non avesse ogni giorno i suoi martiri non sarebbe la Chiesa di Cristo. Avrebbe tradito il suo Cristo…”. E così anche si esprime in un’omelia recente il card. Ravasi nella festa di S. Stefano 2019:

Sappiamo che la storia di Stefano non appartiene a un passato ormai remoto perché essa si ripete oggi in varie regioni del nostro pianeta, come allora era stata replicata per quella fitta serie di martiri che l’Apocalisse fa sfilare davanti al trono divino e all’Agnello Cristo, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua…, avvolti in vesti candide e con rami di palma nelle loro mani”.

Viene fatta memoria nella prima lettura di oggi della vicenda di Stefano, il primo dei sette uomini scelto per il servizio alle mense. La sua festa viene celebrata come protomartire il giorno dopo Natale, ma in realtà è molto significativo accogliere dalla liturgia questa sua immediata testimonianza pasquale. Quello che ha fatto il Maestro è modello per i discepoli. La sua, così come è descritta, è una morte evidentemente modellata su quella di Cristo che ugualmente aveva perdonato i suoi crocifissori e invocato il Padre perché accogliesse la sua vita e il suo spirito.

La fedeltà alla propria fede, alla giustizia e alla coerenza trasformano, quindi, il “testimone” in “martire”. La figura sulla quale ci si esempla è quella del Martire per eccellenza, Cristo. La sua esistenza è sottoposta a una pressione continua, la sua opera e la sua parola sono osteggiate, l’approdo ultimo della sua vita è in un processo e in un’esecuzione capitale. Se non avvenisse questo, significherebbe che nella Chiesa non c’è più nessun vero discepolo di Gesù Risorto.

Immagine: Santo Stefano condotto al martirio e lapidazione di santo Stefano (1447-48), del Beato Angelico e aiuti (tra cui Benozzo Gozzoli). L’affresco è conservato nella Cappella Niccolina.

Don Massimo

Don Massimo

Parroco della Parrocchia di San Gerardo al Corpo

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