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Ancora San Paolo

Paolo fugge precipitosamente da Damasco – Mosaico del Duomo di Monreale

Continua la predicazione di San Paolo. È veramente affascinante constatare che uomo è diventato. Ma non dobbiamo dimenticare che il neoconvertito deve avere avuto anni difficilissimi che sono serviti per prepararlo. È illuminante la parola del card. Martini, a questo proposito, nel testo: “Le confessioni di Paolo” che cito letteralmente.

“Cosa è avvenuto in realtà in quegli anni? Dopo la conversione, Paolo comincia a predicare, probabilmente non abitando sempre a Damasco; e qui c’è la sua permanenza in Arabia, forse nei dintorni delle città presso popolazioni arabe, perché la sua presenza non era tanto gradita. Ad un certo punto le autorità si preoccupano e suscitano una tale opposizione che deve fuggire. Non si legge che la comunità lo abbia né sostenuto né richiamato: rappresentava un fattore di disturbo, anche se lo ammiravano per il suo zelo.

Dopo questa fuga non si ricorda più che sia ritornato a Damasco o abbia di nuovo coltivato quel gruppo di discepoli. A Gerusalemme succede un po’ la stessa cosa: non dei pericoli clamorosi come quelli di Damasco, e quindi non una fuga cosi avventurosa. Però la sua predicazione diventa via via troppo vistosa, i fratelli si preoccupano di lui e lo riportano in patria. In altre parole, viene ringraziato e rimandato.

Ai due eventi di Damasco e di Gerusalemme segue un periodo di assoluta solitudine in patria e di sconforto. Lo si deduce dal fatto che questo tempo termina con la grande visione di cui parla la seconda lettera ai Corinti, che si può considerare come una ripresa che il Signore fa della prima apparizione di Damasco. La nuova visione della gloria di Dio, della quale forse era stato tentato di dubitare, chiude: un periodo di solitudine e di amarezza. Riassumendo, i dieci anni dalla prima conversione sono stati anni di difficoltà, di scontri, di disagi provocati dal suo modo troppo focoso di predicare, dal suo esporsi eccessivamente. Sono stati anche anni di solitudine, di silenzio, di sconforto. Quando Paolo racconta queste cose, le vive ormai nella pienezza del suo secondo ministero, e quindi non vi indugia più.

La storia dei dieci anni dopo Damasco (che copre l’arco dell’età di Paolo dai 25-30 anni ai 35-40 anni) possiamo ricostruirla, dunque, come disagio a Damasco, incomprensione a Gerusalemme, momenti di solitudine e di sconforto. Ci chiediamo: durante questo tempo c’è in Paolo qualcosa che non ha girato bene, oppure tutta la colpa è degli altri che non l’hanno capito, l’hanno osteggiato, non l’hanno difeso, hanno preferito disfarsi di lui, non l’hanno saputo valorizzare? Probabilmente, come in ogni cosa umana, il torto sta da entrambe le parti. Possiamo, a questo punto, chiedere a Paolo: Come hai vissuto questi dieci anni? Che cosa è stata per te questa prova di solitudine e di emarginazione rispetto alla comunità? Che cosa pensavi a Tarso la sera, in riva al fiume,’ quando andavi a passeggiare là, solo, e nessuno ti conosceva e riandavi alla via di Damasco? Che cosa sono state le prime prediche a Gerusalemme mentre ti sentivi tanto lontano da quel mondo, e a un certo punto ti veniva quasi l’idea che tutto fosse stato un sogno? Come hai vissuto questa esperienza drammatica?

Lui che certamente leggeva e rileggeva la Scrittura, viene medicato dalla Parola di Dio che anche qui attua la sua funzione di balsamo, di liberazione e di consolazione”.

Ora si capisce come Paolo si sia preparato alla sua predicazione. È il motivo della sua forza.

Immagine: Paolo fugge precipitosamente da Damasco – Mosaico del Duomo di Monreale

Don Massimo

Don Massimo

Parroco della Parrocchia di San Gerardo al Corpo

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