Gesù conclude il discorso (una specie di “manuale” del missionario) con alcune parole sull'”accoglienza” dei suoi inviati: sei volte in appena due versetti ricorre il verbo “accogliere”. I discepoli prolungano la missione di Gesù. Devono quindi essere accolti e aiutati dai credenti con venerazione e con fraterna solidarietà. Chi accoglie loro accoglie Gesù stesso, l’inviato di Dio. Ogni gesto avrà una ricompensa da parte di Dio.
L’accoglienza va dall’ospitalità generosa verso quelli che svolgono un servizio ecclesiale al bicchiere di acqua fresca offerto “a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo”. Un dono per altro prezioso in una regione scarsa d’acqua come la Palestina e che poteva comportare un sacrificio. I “piccoli” possono essere i missionari, ma anche coloro che nella comunità si trovano in condizioni di povertà e di bisogno.
Nella luce di questa parola di Gesù assume un particolare significato la “Giornata per la carità del Papa” che oggi si celebra. “Accogliere” Lui – che consideriamo un inviato speciale di Gesù – è anche dargli concretamente una mano perché possa praticare, pure a nome nostro, l'”accoglienza”, la carità su scala mondiale. È anche per ciascuno di noi un contributo originale a “globalizzare” la solidarietà, la carità.