Il giovane ricco se n’è andato. Gesù è rimasto male. E non se ne sta zitto, commenta ad alta voce questa scelta triste e mette in guardia, la ricchezza non è male di per sé però può diventare un gran rischio.
E tira in ballo una delle espressioni neotestamentarie che ha avuto molta fortuna: film, romanzi e ora perfino blog sono stati chiamati in questo modo.
IL card. Ravasi consiglia di non interpretare troppo questa espressione, come fanno taluni col risultato di annacquare l’immagine che è veramente forte.
In antico il cammello era proprio simbolo di ricchezza. Quando tornano dall’esilio babilonese, gli Israeliti (è scritto in Esdra) avevano una dotazione di ben 435 cammelli! E l’urina della cammella l’èra roba da sciuri per le donne dei beduini che la usavano come cosmetico, una speciale “acqua di…colonia”!!!
Ma torniamo seri. Gesù è duro con la ricchezza. E colloca il problema a livello del cuore. Non è questione dunque di possedere molta liquidità. Il Maestro pare che sostenga questo: possiamo essere liberi, anche se abbiamo a disposizione parecchie risorse, oppure legati mani e piedi al poco che abbiamo. L’attaccamento al denaro, non importa quanto, ci impedisce di crescere nella conoscenza di Dio. Questo è triste!
Solo i “poveri in spirito” entreranno nel Regno dei cieli. Gli apostoli fanno molta fatica a capire. L’originale di Mattero dice: “furono grandemente costernati…” nel sentirlo parlare così. Evidentemente avevano avvertito l’inesorabilità del giudizio. Per salvare un ricco ci vuole un miracolo, come per un cammello in una cruna.
Ribadiamolo un poco che ci fa bene. Essere poveri in spirito non è un vago sentimento ascetico… di distacco dai beni terreni, quanto una scelta radicale che permette al discepolo di essere totalmente libero dall’idolatria delle cose e del loro possesso.