Da alcuni anni quando ascolto la parabola degli operai chiamati a lavorare nella vigna, mi torna alla mente il saluto – la sera del 19 aprile 2005 – quando verso le 19 apparve alla Loggia di San Pietro il papa Benedetto XVI che disse: “Cari fratelli e sorelle, dopo il grande papa Giovanni Paolo II i signori cardinali hanno eletto me, un semplice ed umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare ed agire anche con strumenti insufficienti…”
Ero in compagnia di una mamma catechista che per caso era lì con me nell’ufficio parrocchiale di Villa San Carlo. Rimase male perché vide la delusione sul mio volto. Io mi aspettavo già allora un papa straniero, giovane e forte, nuovo ed energico, e mi ispirava il card. Marradiaga… Ma dopo aver sentito quelle parole così umili… mi ricredetti. Ammettiamolo, un cardinale come Ratzinger che aveva già servito la Chiesa fin dai tempi del Concilio aveva tutti i diritti di andare a riposarsi un po’ e lo aveva chiesto espressamente a papa Wojtyla che però non lo lasciò andare…
Ecco il nostro Dio è uno così. Concede di andare a lavorare nella vigna, cioè il mondo, a tutti. proprio a tutti e con schemi che noi non conosciamo. Esce varie volte durante la giornata e assume braccianti a giornata, anche alla sera quando praticamente sarebbe inutile la loro presenza. Il lavoro grosso è già stato fatto!
Dio sa bene che senza lavoro l’uomo non ha dignità. Mantenere sé stessi e la propria famiglia è basilare. E gli ultimi assunti accettano perché sanno che il padrone è un galantuomo e non vuole umiliarli. Non lo sono invece i colleghi. Loro ragionano con una logica commerciale, quantificatrice, economica. E sono esterrefatti! Avrebbero l’ardire di far ridurre lo stipendio a chi ha lavorato un’ora sola. Ricordiamoci che all’epoca un denaro era la cifra minima quotidiana per mantenere una famiglia. Gesù è stato tradito per 30! Un salario di un mese!
No, il padrone della vigna non è un buon amministratore in questo senso! E meno male… Lui non si lascia indurire il cuore. E noi che – come papa Benedetto – siamo contenti di lavorare nel campo del Signore, per la sua “vigna”… ecco, non ripetiamo lo stesso errore! Non lasciamoci indurire il cuore dalla bruttezza di questi nostri giorni.