Ho insegnato religione nelle scuole per quasi vent’anni. Dai più piccoli su su fino ai futuri ragionieri e ai periti turistici; ai liceali e all’Itis Feltrinelli di Milano; agli zingarelli di Villapizzone ai figli di papà di Città Studi. Ma non sono mai salito in cattedra.
Oggi Gesù usa un’espressione solenne, che incute soggezione addirittura: “Sulla cattedra di Mosè” … espressione che ai suoi tempi doveva significare molto. Autorità indiscussa e potere assoluto.
Ecco, mi sembra di poter dire che Gesù non si pone come nessuno, non scimmiotta nessuno: scribi, farisei, rabbini famosi, esseni ecc. ecc. Gesù è speciale. È altro. Libero da tutto e da tutti. Ma non da Dio. Non può rinnegare sé stesso. Ed è questa fedeltà che gli consente di essere così determinato. Forte nella sua umiltà, non si lascia trarre in inganno, non si lascia mettere all’angolo. E tutto questo sbalordisce le persone.
Io ho insegnato per molti anni e mi piaceva. Solitamente stavo in piedi e mi muovevo parecchio. Gambe e braccia. Mi pareva di attirare maggiormente la attenzione degli alunni, costretti a seguirmi almeno con gli occhi… Giravo fra i banchi. Interpellavo. Accettavo ogni tipo di domanda. Sapete quando salivo in cattedra? Quando ero in difficoltà o ero stanco o impreparato.
È soltanto quando ci si sente deboli che ci si arrocca in posizioni di potere. E la cattedra diventa uno strumento antipatico. Presunzione e prosopopea. Su questo tipo di cattedra lasciamo volentieri salire scribi e farisei, che solitamente sono arroganti e incoerenti.