Solitamente siamo abituati a procrastinare. Rinviare a dopo quello che possiamo fare adesso. Cerchiamo molti alibi e li troviamo con una precisione encomiabile quando si tratta di non impegnarci… quando avrò più tempo, quando sarò in pensione, quando…
Gesù, nella sinagoga di Nazareth, a casa sua, pur di essere operativo da subito, rischia la pelle. Per anni ha atteso nell’umile cammino di consapevolezza e quando si sente pronto, va senza tergiversare. Abbandona Nazaret e si dedica all’annuncio del Regno in parabole e miracoli.
Nel vangelo proposto dalla liturgia per questo ultimo giorno di agosto, risuona forte questo termine: “Oggi!”
I suoi concittadini e i suoi famigliari proprio non hanno gradito la sua uscita durante la preghiera liturgica. Sono rimasti infastiditi: si è addirittura attribuito un brano profetico di Isaia, come se lo riguardasse. Un po’ troppo… Lui, il Messia..? Mah…
Gesù invece è concreto. Parla della salvezza. Il Regno è già in mezzo a noi. Lo dimostrerà coi fatti. Occorre avere occhi per riconoscerlo. Invece anche noi reagiamo con obiezioni puerili: “Chi si crede di essere? Da dove gli vengono queste parole? Perché si è montato la testa?”
Schemi e pregiudizi. Era troppo poco corrispondente agli stereotipi con cui si erano immaginati tutto. Qui e ora… Hic et nunc… Oggi, insomma; che vuol dire: adesso…ci stai, o no? Tutto il nostro credere dipende da questo sì che ci viene chiesto. Subito.