Ancora una vigna come ambientazione di una parabola. Il Dio che ha in mente Gesù di Nazaret oltre ad essere “capovolto”, è un Dio “contadino” per così dire. Fra i tanti lavori che fa, Cristo predilige questo. Ricordiamoci del canto di Isaia… Cosa non ha fatto il Signore per la sua vigna? Aveva delle aspettative: cose giuste, cose rette…invece arrivano grida di oppressi, sangue degli umili. Lui non si rassegna: è sempre in attesa di un mondo più giusto.
Settembre, tempo di raccolta. Per un credente lo è sempre. Chi ha bisogno cosa trova in me, nella mia famiglia, in parrocchia? E qui si colloca la parabola che ha il sapore della caparbietà.
Il contadino non molla. Insiste. Fino alla fine. Manda suo figlio, l’erede. Avranno rispetto per lui – pensa ingenuamente. Tutti ormai capiscono al volo: la vigna è Israele, i vignaioli avidi sono le autorità religiose, che uccideranno Gesù come bestemmiatore. La storia di sempre che si è ripetuta mille volte con gli antichi profeti e si rinnoverà con Cristo.
Questa illusa ubriacatura del potere dura fino ad oggi. Certe mamme la istillano nei loro figli. Non farti fregare. Devi emergere. Sii il migliore. Calpesta se devi farlo. Non essere debole.
E poi mai come di questi tempi la gente ha ripreso a pensare a un Dio vendicativo (anche la pandemia vista come un mezzo divino per redarguirci!!!) e Gesù propone un colpo di scena. Lui non parla mai di far morire. Ancora spera nella vigna, che porti frutto. Al limite se questi non la vogliono più, la darò ad altri. Ci sarà pur un altro popolo che sarà capace di farla rendere?
Forse si può sperare ancora in una vendemmia che maturi frutti di giustizia e di pace, uno sguardo più vero di tenerezza, e soprattutto quanto ci viene chiesto con insistenza di questi tempi… la vendemmia ci regali doni bellissimi: la cura di sé, degli altri e del creato.
Immagine: La parabola dei vignaioli omicidi, Codex Aureus Eprernacensis