Albero e lievito

albero

Chissà che caratteristiche avrebbe dovuto avere il Messia per i contemporanei di Gesù? Chissà come avrebbe dovuto essere il suo Regno? Gli zeloti se lo aspettavano come un rivoluzionario violento capace di sconfiggere l’Impero dominatore. Gli scribi forse come un nuovo Neemia. I farisei come un liberatore dal condizionamento delle altre culture contaminanti… specie se ellenistiche…

Noi sappiamo che in realtà il Regno è poca cosa. Oggi viene paragonato da Gesù alla crescita lenta e umile di un albero; alla presenza modesta e piccina di un granello di senape, il più piccolo fra i semi; alla silenziosa pazienza di un pizzico di lievito.

Nessuna appariscenza. Nessuna maggioranza. Nessuna forza di potere.

Proprio per questo sorprende ancor di più la sua potenzialità. Se riconosciuto e amato, il Regno (che poi è Gesù stesso) potrebbe sprigionare così tanta forza da impressionare l’Universo mondo.

L’albero offrirà riparo a tutti i volatili del cielo infinito.

Il lievitò saprà far fermentare tutta la pasta.

Il semino diventerà fusto e tronco. E sarà salvezza per tutti.

È una pagina che parla molto chiaro. Eppure, è una delle più torbide. Quando – ormai trent’anni fa – il card. Martini parlava di chiesa di minoranza quanti nasi si storcevano? Quanto è ancora oggi demonizzato su certi siti il suo pensiero così profondo e avanti sui tempi?

Gli oppositori: l’importante è essere in tanti. Contare. Avere peso sociale. Portare a casa tanti contributi. Essere riconosciuti. Altro che minoranza! Noi aspiriamo – con spirito mondano – a riempire le piazze e a contrastare coloro che riteniamo i nemici con le loro stesse armi. Il nostro terrore sono le indagini Doxa. Siamo più o meno dei musulmani? Siamo più o meno dei Buddisti.

L’immagine debole non significa che abbiamo un contenuto debole. “Quando sono debole, è allora che sono forte” – dirà san Paolo.

Noi non abbiamo la pazienza del contadino. Le lamentele penose su quanto siamo pochi, su quanti fuggono dall’Oratorio, su quanti abbandonano la parrocchia scatenano panico e allarmismo. In realtà il problema vero è che non ci crediamo più noi. Per cui perdiamo persino la gioia del vangelo.

E se l’annuncio del vangelo non porta la buona novella, siamo finiti! Siamo fritti! Perduti!! La Parola di Dio di oggi, se lasciassimo operare senza porre un velo di opacità e senza ammazzarla con interpretazioni ideologiche, porterebbe una ventata di Spirito così potente da costituire una nuova primavera… Porterebbe speranza.

Invece non ci accorgiamo nemmeno che giudica e mette con le spalle al muro tantissimo della nostra attività pastorale, a volte così poco o per niente evangelica.

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Don Massimo

Parroco della Parrocchia di San Gerardo al Corpo

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