Non posso immaginarmi Gesù che insegna la disonestà. Mi ricordo che mia madre mi diede un ceffone perché tornando dal supermercato – dove mi aveva mandato a comprare un litro di latte e consegnando io il rimanente – risultò che la commessa mi aveva reso un resto sbagliato di ben dieci delle vecchie lire!! Sarebbero oggi meno di cinque centesimi! E io dovetti obbedire. Ma fu un insegnamento che ricordo ancora oggi che ho più di cinquant’anni. Chi è fedele nel piccolo, è fedele anche nel molto. Chi è ladro nel poco, è ladro anche nel grande.
Qui il Maestro non predica la disonestà. Prende spunto come fa spesso dalla quotidianità, per insegnarci la scaltrezza. Non è – mi par di capire – un elogio della mera furbizia. Quello è un tema caro ai pagani, alle ironiche satire del mondo greco e latino. Qui si elogia un atteggiamento conveniente ai “figli della luce”. Cioè, si fa riferimento a persone che avendo fatto esperienza della Pasqua del Signore, hanno imparato tutto sulla novità di vita.
Per esempio, nel non attaccare il cuore alle ricchezze. Semmai servirsene per il Regno ed i suoi scopi. Gesù elogia l’amministratore disonesto perché non si lascia andare una volta finito in cattive acque; si ferma, pensa e scaltramente trova il modo di cavarsi di impiccio.
Ci fossero nella Chiesa universale e nelle semplici parrocchie cristiani così, svegli e capaci, che sappiano mettere al servizio del bene quelle risorse che altrimenti nel mondo metterebbero a servizio del male…
Chissà come mai, nell’immaginario collettivo, c’è l’idea che le persone che si impegnano ecclesialmente siano un po’ tutte paolotte e bigotte.
Impegniamoci per abbattere questo pregiudizio.
Immagine: ilustración de Jan Luyken en Bowyer Bible, Bolton, England, primera mitad del siglo XIX, museo Bolton, Lancashire, Inglaterra