Il brano di Matteo proposto oggi dalla liturgia della XXXII domenica del tempo ordinario, secondo lo schema dell’anno A, narra la stupenda parabola nuziale delle vergini stolte e prudenti. Fra le contraddizioni volute dal Maestro secondo me stridenti e esagerate quella che mi dà ai nervi è proprio questa mancanza di accortezza. Penso che i siti archeologici e i musei presso i quali ci rechiamo, ci mostrano l’importanza delle lucerne per quei tempi. Era indispensabile muoversi con una fonte di luce. Non era mica come oggi. Se non fosse brillata la luna, non si sarebbe veduto proprio niente! E come fanno queste oche a dimenticarsi l’olio? Non lo so, comunque io – che per altro sono distratto per natura – butto via la testa…
E dicevo, fra i simboli più interessanti, c’è questo della porta che si chiude, che sbatte anzi che viene sbattuta con forza! Quando proclamo questo brano dal pulpito mi viene da accompagnare la lettura con una manata sonora sul marmo del leggio a sottolineare questo momento drammatico di rifiuto.
È una sorta di parabola nella parabola, piccola e a sé stante che ha nella gelida conclusione: “Non vi conosco” del versetto 12 di questo meraviglioso capitolo 24, proprio il suo commento interpretativo.
Ecco di nuovo una contraddizione: se all’inizio della storia le madamigelle erano invitate, evidentemente erano conosciute (anche se come per i funerali certe presenze spesso erano prezzolate), magari erano parenti, sicuramente amiche. Eppure, il non essere trovate pronte diventa inesorabilmente il criterio di salvezza. Dietro quella porta ormai sprangata, possiamo immaginare lo svolgimento del banchetto di nozze: gioia, danza, festa, cibi succulenti, intimità, amicizia…comunione, segno della salvezza messianica offerta ai fedeli, ai poveri, ai giusti.
Dietro quella porta bloccata, sorda alle tardive suppliche, il volto di Cristo da sposo si è trasformato in quello di un giudice. Ci piaccia o meno. La parabola l’ha pronunciata lui stesso.