Per il rito romano oggi è festa di san Giovanni in Laterano, la chiesa madre. Per questo c’è il vangelo di Gesù che mostra tutto il suo zelo per la casa del Signore e leggiamo del momento forte di ira che lo invade e lo porta a cacciare fuori dal tempio coloro che ne avevano fatto mercato.
La mia attenzione va sul suo gesto. Sicuramente non è una carezza. Va detto: è violento. Gesù si costruisce una frusta con cordicelle. Quindi ha la volontà di ferire, altrimenti sarebbe bastata una cordicella…se avesse voluto essere simbolico…
Lui che al momento dell’arresto, dichiarò tutta la sua volontà non violenta: “Pietro metti via quella daga. Chi di spada ferisce, di spada muore”. La violenza genera violenza. È suggestivo, infatti, ricordare subito che proprio la sua divina persona fu profanata con la frusta detta “del gatto” durante la flagellazione. Una sorta di tortura pensata bene dai romani che univano varie corde di cuoio disseminate qua e là, di pezzi di ossa o di ferro. Non solo ti percuotevano traumatizzando il corpo, ma ti laceravano anche pelle e carne.
Io penso che non si debba essere subdoli e travisare. Gesù era mite ed umile di cuore. E se agisce così, lo fa per amore. Una volta anche papa Francesco suscitò polemichette di breve respiro quando tornando da un viaggio, concesse la famosa “intervista del pugno”. Ricordate? Stava commentando il terribile attentato alla redazione di Charlie Hebdo e dichiarò: “…è vero che non si può reagire violentemente… ma se il dottor Gasparri, grande amico, dice una parolaccia contro la mia mamma… ma gli aspetta un pugno… è normale … non si può provocare, non si può insultare la fede degli altri…” Una reazione forte, di rabbia, per un torto subito. Il Papa non dice che bisogna fare così, che è giusto, dice solo che è normale reagire così, che è umano. Come nel Vangelo di Giovanni quando si racconta dell’ira di Gesù a Gerusalemme, che andò oltre il pugno, usando la frusta. Lo sapete cosa diceva Ghandi, indiscusso maestro della non violenza a proposito di questo passaggio evangelico?
“Buddha portò coraggiosamente la guerra nel campo nemico e mise in ginocchio il clero arrogante. Gesù scacciò i cambiavalute dal tempio e invocò la maledizione del cielo su ipocriti e farisei. Entrambi propugnarono un’azione intensamente diretta. Ma anche quando Buddha e Cristo punirono, in ogni loro atto manifestarono una dolcezza e un amore inequivocabili”
È lo spirito d’amore con il quale si compie il gesto, che definisce la bontà o meno del gesto stesso. Gandhi lo spiega anche con un altro esempio calzante, questa volta prendendo a campione lo schiaffo:
“…in una famiglia, quando il padre dà uno schiaffo al figlio colpevole, questi non pensa di rendere la pariglia. Ubbidisce a suo padre non per l’effetto dissuasivo dello schiaffo, ma per l’amore offeso che vi intuisce. Questa secondo me è un’epitome del modo in cui la società è o dovrebbe essere governata. Quello che è vero della famiglia, deve essere vero della società, la quale non è che una famiglia più grande…”
Quanti schiaffi amorevoli avrò preso da mia madre? Non me li ricordo nemmeno. Mi hanno solo migliorato.