Essere uomini del calcolo o uomini autorevoli? Loro preferiscono i calcoli. Rinfacciano a Gesù la sua pretesa. All’origine della tua pretesa cosa ci sta? Cioè: chi pretendi di essere? Con quale autorità fai tutto ciò?
Capite la meschinità? Non pensano che semmai ci sia da prendere posizione, schierarsi, decidersi. Di fronte a Gesù non si può far altro. Oggettivamente o gli presti credito e neghi il suo essere. Lui dirà: “Chi è non per me, sarà mai contro di me”.
Persone spregevoli che mettono sotto accusa l’autorità del Figlio di Dio mostrata più volte non a parole, ma coi fatti e nella verità delle cose. E del cuore delle persone. Gesù sta al gioco. Non sceglie il derby. Va a casa loro. Utilizza le loro stesse maniere. Ma è più scaltro. O meglio: lui conosce quello che alberga nel cuore di ciascuno.
Per cui li mette alle strette e gli pone quella domanda, cogliendo il fallo del loro scorretto comportamento. Approfittando delle loro debolezze. Per esempio, l’immagine davanti alla folla. Il consenso. Sempre lì siamo, il consenso, il calcolo, l’applauso. E praticamente l’abilissimo Gesù li costringe a non saper rispondere.
Chi non sa rispondere è la persona irresponsabile. Gesù li ha portati, giocando sul loro stesso campo, ad autodefinirsi persone non raccomandabili.
La sua frase: “Neanch’io vi rispondo con quale autorità faccio questo” in realtà non è un rifiuto di dialogo, ma un’affermazione ulteriore della verità.
Il suo essere di Dio. Esattamente, il Figlio.